“Visita periodica, approccio multidisciplinare e cure personalizzate: questo mix è la chiave di volta per il trattamento del paziente affetto da emofilia e malattie emorragiche congenite”. Lo ha detto Christian Carulli, specialista in Ortopedia e Traumatologia, Clinica ortopedica Università di Firenze, intervenendo all’incontro online del tour di ‘Articoliamo’, la campagna sostenuta da Sobi con il patrocinio di FedEmo, nata per promuovere il benessere delle articolazioni nelle persone con emofilia, che ieri ha fatto tappa (la quarta) a Cesena.
Obiettivo dell’iniziativa: prendersi cura della salute articolare e promuoverne il benessere grazie a nuovi servizi per i pazienti, momenti di formazione con i più importanti specialisti in emofilia e un sito ricco di informazioni chiare e utili nella vita di tutti i giorni. In più, la possibilità di eseguire lo screening delle articolazioni grazie a ecografi portatili che stanno arrivando in tantissimi centri di emofilia italiani.
“La visita periodica, però, non è un buono o un voucher emesso e che ha una scadenza annuale – ha sottolineato Carulli – Anzi, può essere eseguita anche ogni 18 mesi, dipende dalla storia del paziente. Non esiste una profilassi ematologica uguale per tutti, né una valutazione uguale per tutti o un’ecografia uguale per tutti. Non esiste un protocollo fisioterapico uguale per tutti. Così come non esiste un ortopedico senza un fisioterapista adeguatamente e altrettanto preparato. Nella gestione della malattia il protagonista indiscusso è l’ematologo, ma sono fondamentali anche figure come l’infermiere specializzato, che deve infatti avere esperienza per intercettare i segnali della malattia. La multidisciplinarietà può solo portare un grande beneficio al paziente”.
Tra coloro che hanno in carico il paziente emofilico c’è anche la figura del case manager. “Sono arrivata nel Centro Malattie emorragiche congenite un anno fa, in pieno Covid – ha raccontato nel corso dell’incontro online Annachiara Ferrini, case manager Centro Mec della Romagna – dove la figura del case manager, ovvero di colui che svolge un lavoro di connessione tra medico e paziente e tra le diverse figure che ruotano intorno al setting di cura, non esisteva. Tra le mie attività, le principali sono: la gestione dei farmaci e degli appuntamenti per le visite di controllo e la definizione di percorsi sicuri. I pazienti si sottopongono a vari check-up durante l’anno, per loro tengo l’agenda degli esami di routine, primo fra tutti la visita ortopedica annuale. Importantissima anche la visita fisiatrica, che prima del Covid veniva calendarizzata una volta la settimana, il giovedì, e da un anno purtroppo viene fissata al bisogno. Con la pandemia infatti non si possono fare troppe programmazioni”.
Quella del case manager è una figura “che abbiamo voluto e sostenuto – ha ricordato Maria Serena Russo, presidente dell’Associazione ‘Vincenzo Russo Serdoz’ – perché sapevamo quanto sarebbe stata importante nell’ambito di un Centro Mec. Organizzare incontri e appuntamenti non spetta ai medici, ma è una competenza del case manager”.
A ribadire l’importanza di un’équipe multidisciplinare (ortopedico, ematologo, fisioterapista, fisiatra, case manager, counselor) per la presa in carico del paziente emofilico è stata Chiara Basoli, responsabile Centro Mec della Romagna: “Il nostro è un centro che raccoglie il bacino della Romagna. La Regione aveva centri raccolti a livello provinciale, così ha avviato una riorganizzazione degli stessi, compreso il nostro. Noi tecnici e sanitari, con la collaborazione delle associazioni e dei nostri pazienti, abbiamo preferito privilegiare le esperienze accentrando tutte le figure professionali che ruotano intorno al paziente”.
“Un percorso multidisciplinare – ha aggiunto Biasoli – consente agli specialisti di garantire una tutela completa delle persone con l’emofilia, affinché possano vivere una vita normale, libera. E’ importante, inoltre, adottare alcune misure preventive, come la profilassi con terapie che garantiscano la massima personalizzazione e protezione dai micro-sanguinamenti, il monitoraggio periodico dello stato articolare e l’esercizio fisico costante e appropriato. Buone abitudini che, insieme, contribuiscono al raggiungimento di un’alta qualità di vita”.
La quarta tappa del tour ‘Articoliamo’, sebbene online a causa delle misure anti-Covid, è stata anche l’occasione per presentare una ricerca svolta tra ottobre e novembre 2020 che ha coinvolto le persone affette da emofilia. “Il 40% degli intervistati dichiara di non svolgere alcuna attività fisica, e a smettere a causa della pandemia sono soprattutto i più giovani compromettendo il loro futuro – ha riferito Francesco Cucuzza del Comitato scientifico ‘Articoliamo’ e consigliere di FedEmo 2018-2020 – mentre il 43% degli intervistati non ha mai fatto uno screening ecografico fino ad oggi”.
Eppure “l’ecografia che noi facciamo serve a capire se c’è sanguinamento o no – ha spiegato Tiziano Martini, dirigente medico Usl Romagna, Uo Medicina trasfusionale Ospedale Bufalini, Centro Malattie emorragiche congenite della Romagna – o se sia presente qualche alterazioni precoce, non asintomatica nelle cartilagini, soprattutto nei bambini. Lo screening articolare è importantissimo nella gestione della malattia. L’ecografia è una metodica a basso costo – ha evidenziato Martini – per nulla invasiva, praticamente quasi l’unico esame radiologico che si può fare a rischio zero e che ha un elevato grado di accuratezza. La metodica ecografica nel trattamento dell’emofilia, e in generale nelle malattie emorragiche congenite, viene integrata per studiare l’artropatia, cioè il danno articolare, quel malfunzionamento delle articolazioni che i nostri pazienti purtroppo conoscono bene, perché in grado di individuare i segni più precoci della malattia e che quando sono presenti sono già ad uno stadio di avanzamento. Nel Centro Mec stiamo tenendo un percorso di formazione all’utilizzo della metodica ecografica, non ci fosse stato il Covid lo avremmo già ultimato”.