(Adnkronos) – “Si parla molto di vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, ma in realtà tutte quelle incluse nel calendario vaccinale sono molto importanti”. La sottolineatura viene da Elena Bozzola, consigliere nazionale e segretario della Società italiana di pediatria, di fronte alla necessità di recuperare le coperture in età pediatrica e adolescenziale. La contrazione registrata durante la fase più difficile della pandemia non è un segnale da ignorare, perché i vaccini a disposizione “prevengono malattie infettive che possono causare epidemie, avere sequele gravi o addirittura portare al decesso”.
L’introduzione nel 2017 della legge sull’obbligatorietà vaccinale per i minori di 16 anni è stato uno strumento utile per contrastare il calo progressivo delle coperture, un processo che si stava registrando da qualche anno e che aveva portato il nostro Paese al di sotto del 95% di copertura media richiesto per molte malattie infettive. Una soglia che l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda per garantire la cosiddetta “immunità di gregge”. Questo parametro, infatti, secondo la comunità scientifica internazionale consente di proteggere indirettamente anche quella fetta di popolazione che non può sottoporsi alla vaccinazione.
“Siamo passati da quattro a dieci vaccinazioni obbligatorie, ma anche le altre previste dal piano nazionale di prevenzione vaccinale sono fortemente raccomandate, in offerta attiva e gratuita”, evidenzia Bozzola. “Purtroppo ci troviamo a far fronte a un certo scetticismo: se il primo no vax è nato con il primo vaccino contro il vaiolo, oggi abbiamo a che fare con fake news, amplificate dalla facilità con cui si possono reperire informazioni contrastanti su internet”.
L’esitazione vaccinale è stata classificata dall’Oms tra le dieci minacce alla salute globale. “Non vaccinare un bimbo contro malattie pericolose con un vaccino efficace e sicuro costituisce un vero e proprio rischio per la salute – riprende il Consigliere nazionale Sip -. La nostra società scientifica ha condotto una survey, pubblicata poi sulla rivista internazionale The Italian Journal of Pediatrics, dalla quale emerge che il 30% delle famiglie durante la pandemia ha posticipato o non eseguito il vaccino raccomandato in base all’età del bambino. Hanno sofferto in particolare le vaccinazioni del ciclo primario, come le prime dosi di esavalente o contro parotite, morbillo, rosolia, esponendo quindi il piccolo a dei pericoli per la salute. È vero che molti centri vaccinali per un periodo sono stati chiusi, specialmente al nord, ma il fenomeno si è registrato anche al centro e al sud Italia: si temeva di recarvisi per paura del contagio”.
Rispettare il calendario previsto dal Piano nazionale di prevenzione è invece importante. “Le vaccinazioni del bambino vanno fatte tempestivamente: pensiamo ad esempio al meningococco B: il picco più alto di casi si ha nel bimbo al di sotto del primo anno di vita – evidenzia Bozzola -. In Italia la malattia meningococcica in generale incide per 0,3 casi su 100mila, ma nel piccolo al di sotto di un anno è pari a tre casi su 100mila lattanti. Non si deve nemmeno pensare che più vaccini insieme siano troppi, perché il nostro sistema immunitario ha un’ottima capacità di rispondere a più somministrazioni in contemporanea”.
A non aver sofferto troppo a livello nazionale è stato il vaccino contro il rotavirus. “Circolano falsi miti secondo i quali questo virus riguardi i bimbi che frequentano l’asilo, mentre in realtà lo si contrae sotto i 2 anni di età” chiarisce la pediatra infettivologa all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. “Al contrario, i bimbi piccoli hanno maggiore rischio di gastroenterite grave, con diarrea, febbre, vomito, sintomi che possono portare al ricovero in ospedale. Un lattante senza nutrizione adeguata va facilmente in disidratazione. E ugualmente non basta l’igiene a prevenirne l’incidenza: il vaccino offre invece una protezione efficace. Parliamo di una malattia di facile trasmissione, che nel mondo registra un caso su 27mila al mese, più di 400mila all’anno”.
La prevenzione riguarda anche le fasce di età più grandi: in particolare, l’adolescenza è una fase in cui è difficile raggiungere gli indici presenti nel piano di prevenzione. “Non c’è la stessa organizzazione presente per l’infanzia, che prevede un percorso definito e chiaro per le famiglie, con appuntamenti scaglionati – riprende Bozzola -. Ma non dobbiamo trascurare per i giovani tra i 15 e i 24 anni le infezioni meningococciche, che sebbene abbiano una incidenza rara costituiscono un pericolo serio per la gravità dell’infezione. Il 5-10% delle persone colpite va incontro al decesso, nonostante le cure adeguate, oppure ha sequele gravissime neurologiche, con menomazioni e cicatrici indelebili. Se la media italiana è di 0,1 casi su 100mila, dobbiamo considerare che per la fascia 15-24 anni si passa allo 0,22”. Attenzione massima quindi per il sierogruppo B, che nel 2020 in Italia è stato riscontrato nel 67% delle malattie invasive da meningococco. “A questo si affianca la profilassi per i ceppi A e C, mentre va fatta attenzione anche ai ceppi W e Y, che stanno aumentando in Europa dato che hanno raggiunto ciascuno il 15% di incidenza”.
Se le domande delle famiglie sulla sicurezza e l’efficacia dei vaccini sono rimaste costanti negli anni, è aumentata la voglia di saperne di più e di informarsi. “Da pediatra incontro genitori timorosi rispetto all’età di somministrazione per il loro bambino piccolo, magari lattante – sottolinea Bozzola -. Contro le posizioni no vax non si può fare nulla, a mio avviso, ma parliamo di una porzione molto piccola di persone. Invece, gli esitanti hanno bisogno di avere un dialogo aperto e informato con il medico. Se diamo informazioni efficaci possiamo ridurre l’esitazione vaccinale, che è un ostacolo per l’eradicazione delle patologie”.