“E’ un atto di buonismo sbagliato, oggi si tutela un po’ troppo chi si è macchiato di delitti orribili, di stragi, chi non ha avuto rispetto alcuno per la vita altrui, ma chi è morto, chi è rimasto ferito o invalido che tutela ha? Non credo che sia un buon esempio. Qual è il messaggio che si manda al cittadino che si espone e poi rivede in giro personaggi che dovrebbero stare in galera? Che senso ha arrivare a rischiare la propria stessa vita per lo Stato se poi la giustizia dà questo tipo di risposte. Davanti a questa sentenza vale la pena? I giudici inizino a guardare l’altra faccia della medaglia, ossia chi lavora quotidianamente per l’affermazione della legalità”. E lui in un batter d’occhio ha visto morire nello stesso istante Francesca Morvillo e agli agenti di scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani, e Rocco Dicillo.
Se veramente in Italia c’è qualcuno che può permettersi di commentare la sentenza della Corte costituzionale, che di fatto si è espressa contro la formula dell’ergastolo ostativo, questo è Giusepppe Costanza. Era l’autista del giudice Giovanni Falcone, e se quel maledetto 23 maggio del 1992 a Capaci è riuscito a salvarsi (rimanendo però ‘ucciso nell’anima’), è solo perché il giudice chiede di guidare lui l’auto, relegando Costanza nel sedile posteriore.
Dunque l’ex agente ha più di un motivo per poter replicare, non senza rabbia ed amarezza, a tale scelta: “chi è condannato in via definitiva per delitti di mafia deve espiare la sua pena senza la concessione di benefici” aggiunge, ispirandosi al fatto che, per ovvie ragione, così si tende a ‘scoraggiare’ quanti quotidianamente si impegnano nella lotta contro le mafie e la criminalità. “Mi sembra ci sia un’attenzione eccessiva per questa gente – conclude Costanza – Al contrario chi quotidianamente rischia la propria vita non gode della stessa attenzione e di pari rispetto. Spesso, invece, viene dimenticato. E’ un messaggio sbagliato”.
Max