Sono giorni, ore, sempre più delicate quelle che si vivono intorno all’annosa questione libica e alla problematica evoluzione delle circostanze che, sul piano internazionale, non smettono di produrre tutta una serie di dichiarazioni, reazioni, prese di posizioni spesso non sempre concordi tra loro.
Nel particolare contesto turbolento legato all’affaire Libia si connette anche l’ultima dichiarazione, in ordine di tempo, fornita dal leader della Turchia Erdogan. Che cosa ha detto il numero uno turco?
Il presidente turco Rece Tayyip Erdogan alla vigilia della conferenza di Berlino sulla Libia ha voluto lanciare un messaggio a tutta la comunità internazionale, sancendo come a suo dire il rischio di una deriva terroristica sia particolarmente elevato, se non effettivamente già imminente.
Erdogan: Libia, rischio terreno fertile per il terrorismo. L’ammonimento del presidente turco
In particolare Erdogan ha voluto mettere la comunità internazionale di fronte alla ipotesi che, parole sue, se il “governo legittimo” di Tripoli, guidato da Fayez al Sarraj, dovesse cadere, allora c’è il rischio forte di “creare terreno fertile per il terrorismo”.
In un articolo uscito su Politico, Erdogan ha indicato come “l’Europa dovrà affrontare una serie di nuovi problemi e minacce nel caso il governo legittimo della Libia dovesse fallire”. E ancora, ha detto: “Organizzazioni terroristiche come l’Isis o Al Qaida che sono state sconfitte in Siria ed Iraq – dichiara il presidente turco – troveranno terreno fertile per rimettersi in piedi”.
La missione Onu in Libia diffonde intanto “profonda preoccupazione per gli attuali sforzi per interrompere o compromettere la produzione di petrolio” nel territorio. “Questa mossa avrebbe conseguenze devastanti prima di tutto per il popolo libico che dipende dal libero flusso di petrolio – si evince in un comunicato dell’Unsmil – e avrebbe effetti terribili per la situazione economica e finanziaria già deteriorata del Paese”.
L’Unsmil ricorda poi “l’importanza di preservare l’integrità e la neutralità della National Oil Corporation”. E rispetto alle minacce di forze attigue al generale Khalifa Haftar, che dirige l’est della Libia e in particolare la nota ‘mezzaluna petrolifera’, relative nello specifico alla possibilità bloccare i porti e gli impianti di petrolio della Cirenaica, l’Unsmil – a poco tempo dalla Conferenza di Berlino – “esorta tutti i libici a esercitare la massima moderazione, mentre i negoziati internazionali continuano a mediare la fine della lunga crisi della Libia, inclusa la raccomandazione di misure per garantire la trasparenza nella distribuzione delle risorse”.