(Adnkronos) – “L’impostazione dell’alimentazione, durante e dopo la chemioterapia, come anche l’attività fisica, devono essere concordate con gli esperti. La malnutrizione nel cancro non è solo un problema di tumori solidi, ma anche delle patologie del sangue: il 34% di pazienti oncoematologici è malnutrito, cosa che impatta sulle cure e sulla mortalità”. Lo ha detto Francesco Passamonti, professore ordinario di Ematologia all’Università dell’Insubria di Varese e Direttore dell’Uoc di Ematologia presso l’Ospedale di Circolo Asst Sette Laghi di Varese, intervenendo oggi a Bologna, al secondo evento nazionale ‘Sie incontra i pazienti’, organizzato dalla Società italiana di ematologia.
La malnutrizione “si evidenzia nel calo del peso misurato in base all’indice di massa corporea (Bmi) – afferma Passamonti -. Il paziente con tumore al colon che ha un calo del 7% del Bmi vive di meno, in una patologia dove la possibilità di guarire è molto alta. L’altro elemento da considerare – aggiunge – è la sarcopenia, una calo di massa, forza e funzione della muscolatura, dovuta fisiologicamente all’invecchiamento, specie negli over 70, e interessa il 56% dei pazienti con patologie oncoemaotlogiche, per i quali l’impatto sulla mortalità è negativo e significativo”.
L’alimentazione ha un ruolo importante. “Un lavoro nel Bmj – ricorda l’ematologo – mostra, nell’ambito del tumore mammario, che l’aderenza a diete di alto valore riduce il rischio di mortalità. Questo potrebbe essere utile anche nelle altre neoplasie. La dieta americana basata sulla carne rossa sarebbe da evitare in chi ha patologia oncologica. Nei linfomi non c’è chiarezza sugli alimenti che possano fare male o bene, ma i vantaggi si vedono nell’utilizzo di frutta, in particolare di agrumi”.
Sull’attenzione necessaria per evitare la sarcopenia, “le Linee guida Espen (Società europea di nutrizione artificiale e metabolismo) – sottolinea Passamonti – hanno messo a punto un sistema per valutare lo stato nutrizionale da effettuare prima dell’inizio della chemioterapia per impostare eventuali interventi dietetici. E’ suggerimento assoluto l’assunzione di almeno 1 grammo di proteine al giorno – meglio 1,8 – anche di quelle di origine vegetale, di uova o latte. L’apporto proteico è importante, inoltre, nelle neoplasia gastrointestinale, secondo uno studio, con 1,4 grammi giornalieri, si riduce la mortalità rispetto a chi ne assume meno”.
Il supporto di integratori, minerali e vitamine, nei pazienti oncoematologici è suggerito “solo se vi è necessità – ricorda l’ematologo – Una metanalisi di 40 studi mostra che non vi è un vantaggio nelle cure dei tumori con supplementazioni di vitamina D o E nel paziente non carente”. Forte la raccomandazione a non usare diete senza evidenza scientifica. “La dieta chetogenica che va molto di moda – avverte Passamonti – non è provato che sia utile come, del resto, quella del digiuno intermittente: non c’è evidenza di efficacia. Sull’esercizio fisico è estremamente raccomandata l’attività all’aria aperta o con l’elastico per aumentare la resistenza muscolare”.
A proposito di farmaconutrienti, in chi fa la chemioterapia “sono spesso raccomandati gli aminoacidi a catena ramificata, siero del latte, le proteine di soia, pollo pesce, fagioli, riso integrale – elenca l’ematologo – non c’è evidenza certa della loro utilità nei pazienti con chemioterapia ad alto rischio di perdita di peso. Sono invece raccomandati – continua – gli acidi grassi a catena lunga, presenti anche in salmone, aringa e trota oppure nell’olio di pesce, ma bisogna fare attenzione alla tossicità gastrointestinale dei farmaci che si assumono, per questo è necessaria una valutazione con il nutrizionista”. Infine, “i pazienti sopravvissuti al tumore devono fare una attività fisica costante per mantenere il Bmi tra 18.5 e 25, con dieta ricca di frutta e vegetali, ma scarsa di grassi saturi come quelli del burro, fritti e croissant. Non solo la sarcopenia – conclude Passamonti – anche l’obesità riduce la sopravvivenza”.