“Per i tumori del sangue le cure sono sempre più efficaci e producono risposte migliori e più durature. I risultati a lungo termine dello studio ‘Murano’ confermano, nei pazienti con leucemia linfatica cronica (Llc) recidivante/refrattaria, la superiorità della combinazione venetoclax e rituximab rispetto ad un approccio terapeutico chemioimmunoterapico convenzionale. Il trattamento a durata fissa di 2 anni con venetoclax e rituximab permette di raggiungere risposte molto profonde e prolungate nel tempo. Questo trattamento biologico e chemio-free si è dimostrato in grado di ritardare l’eventuale ripresa della malattia anche dopo più di 3 anni dalla sospensione della terapia. Una gestione terapeutica più efficace e limitata nel tempo della patologia favorisce il miglioramento della qualità di vita del paziente”. Lo ha detto Francesca Romana Mauro, professore associato e Dirigente medico presso l’Istituto di Ematologia dell’Università Sapienza di Roma, in occasione della web conference “Leucemia linfatica cronica: la terapia a durata fissa trasforma gli standard di cura per una migliore qualità di vita del paziente” promossa da AbbVie, con la partecipazione di Ail, Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma.
“Lo studio – spiega ancora Mauro – ha dimostrato la superiorità di questo approccio chemio-free e totalmente biologico con la combinazione venetoclax e rituximab rispetto alla chemioimmunoterapia convenzionale sia in termini di durata di risposta sia in termini di sopravvivenza. In quasi 2/3 dei pazienti trattati non è stato possibile documentare, anche con tecniche di laboratorio sofisticate, la presenza di cellule leucemiche residue nel sangue periferico. Si tratta di un risultato importantissimo e sorprendente, perché noi ematologi – sottolinea – sappiamo bene che tanto più è profonda la risposta tanto più sarà lungo il periodo di remissione, di benessere del paziente e di tempo in cui i segni della malattia non saranno più presenti, quindi non ci sarà bisogno di riprendere un trattamento. La terapia biologica è anche orale, venetoclax è un farmaco che può essere somministrato per via orale, quindi il paziente può assumerlo comodamente a casa senza essere costretto a sottoporsi a infusioni di farmaci chemioterapici in ospedale”.
La leucemia linfatica cronica è una forma di leucemia a crescita lenta: oltre ad essere la più comune forma di leucemia nei paesi occidentali rappresenta circa un terzo delle nuove diagnosi di leucemia in Europa. Nel nostro Paese ogni anno circa 1.200 persone ricevono una diagnosi di Llc. Una terapia chemio-free e da assumere per via orale ha un notevole impatto sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari, ma anche sui clinici e il Ssn.
“Oggi è possibile vivere a lungo senza progressione della malattia – conferma Antonio Cuneo, direttore della Sezione di Ematologia dell’Aou Arcispedale Sant’Anna di Ferrara – e senza chemioterapia con evidenti vantaggi per il paziente, per i medici e per il Servizio sanitario nazionale. La possibilità di utilizzare un regime terapeutico per un periodo limitato nel tempo, come nel caso di venetoclax, rappresenta un’opportunità unica per la gestione clinica della leucemia linfatica cronica, permettendo al paziente di riprendere la propria vita nonché di ottimizzare le risorse per l’Ssn”. Per Cuneo è fondamentale stabilire anche un’alleanza medico-infermiere-paziente “perché ciò consente al Centro ematologico – sostiene l’ematologo – di gestire in maniera ideale il paziente durante tutte le fasi del trattamento: dai primi 6 mesi che richiedono un’attenzione medica più frequente ai successivi 18 mesi durante i quali il paziente assume solo la terapia orale e ancora di più negli anni a seguire durante i quali il paziente ha sospeso la terapia ed ha la malattia in remissione”.
“I risultati dello studio ‘Murano’ – sostiene Stefano Molica, Dipartimento Onco-Ematologico dell’Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro – confermano che i pazienti con leucemia linfatica cronica recidivante/refrattaria possono vivere più a lungo senza una successiva recidiva di malattia e ritardare così eventuali nuovi trattamenti –. Inoltre, la terapia limitata nel tempo riduce la prevalenza di eventi avversi correlati al trattamento ed una migliore qualità di vita per il paziente, a differenza di un trattamento continuativo”.
Molti pazienti con Llc sono anziani con comorbidità. “Si tratta di persone – prosegue Molica – che spesso devono sottoporsi ad intervento di cataratta o ad un’operazione chirurgica più complessa. Per questi motivi hanno bisogno di interrompere la terapia. Ma quando si sospende una terapia si ha in genere una riesplosione della malattia. Dai dati che abbiamo sappiamo che l’interruzione di trattamento anche fino a 21 giorni con il venetoclax non si traducono nel paziente in nessuna modificazione dello stato della malattia. Questo significa che la risposta profonda e il meccanismo d’azione legato al venetoclax di fatto consentono anche quelle interruzioni che in un paziente anziano ci possono essere senza che tutto questo possa ricadere negativamente sul controllo della malattia. Ed è una cosa di non poco conto nella gestione del paziente”, conclude.