La ricerca ha aperto nuove strade per la cura dei tumori del sangue. E’ quanto emerso dalla presentazione della sedicesima ‘Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma’ del 21 giugno, presentata oggi dall’Ail.
“La ricerca – spiega Alessandro Vannucchi, docente di Ematologia all’università di Firenze, e responsabile del Crimm, Centro ricerca e innovazione delle malattie mieloproliferative – ha consentito di fare progressi notevoli in vari ambiti: l’aumento della consapevolezza della malattia, il miglioramento degli approcci diagnostici utilizzando le scoperte delle mutazioni di geni (quali Jak2, Mpl e Carl, e molti altri) e lo sviluppo di modelli di rischio che permettono di identificare i casi più gravi che richiedono il trapianto di cellule staminali. Sono state proprio le scoperte di geni associati alla malattia a favorire lo sviluppo di farmaci, gli inibitori di Jak2 di cui capostipite è ruxolitinib, e un secondo farmaco, fedratinib, è stato approvato di recente. Queste terapie – sottolinea Vannucchi – si sono dimostrate capaci di ridurre, fino a normalizzare, il volume della milza e arrivare alla regressione totale dei sintomi; la qualità di vita è migliorata grandemente e si iniziano ad avere evidenze scientifiche solide anche sull’impatto favorevole sull’allungamento della vita”.
“Negli ultimi 20 anni i risultati maggiori – spiega Marco Vignetti, presidente Fondazione Gimema Franco Mandelli e vice presidente nazionale di Ail – sono legati alla messa a punto di farmaci mirati, la target therapy. Sono farmaci che derivano da anni di ricerca che hanno permesso di scoprire mutazioni genetiche proprie della cellula malata che causava la malattia. Alcune cellule del sangue nell’attività di moltiplicazione fanno un errore che non viene riconosciuto in tempo ed eliminato. Questo porta alla creazione di gruppi di cellule identiche, i cloni cellulari, che provocano la malattia che solitamente è caratterizzata da una proliferazione incontrollata delle cellule”.
“La ricerca – sottolinea Vignetti – ha individuato la mutazione e iniziato a creare dei farmaci che colpissero solo la mutazione, risparmiando le altre cellule. Questo ha portato a grandi risultati, uno per tutti è la terapia per la leucemia mieloide cronica (Lmc). Oggi la Lmc è considerata curabile, con una buona qualità di vita e con una durata paragonabile a quella di una persona sana. Seppur con minori risultati – aggiunge Vignetti – anche nella trombocitemia essenziale e nella policitemia vera sono stati messi a punto farmaci ‘target’, che vengono utilizzati ad esempio per ridurre le dimensioni della milza. Non sono risolutivi, ma possono essere di grande aiuto nel caso si renda necessario il trapianto allogenico, in quanto il paziente è in condizioni nettamente migliori per poterlo affrontare”.
“Le neoplasie mieloproliferative, i tumori rari che colpiscono il midollo osseo quali leucemia mieloide cronica, policitemia vera, trombocitemia essenziale e mielofibrosi – spiega il presidente di Ail, Sergio Amadori – sono malattie croniche indolenti, le diagnosi difficili spesso avvengono per caso e i trattamenti iniziano così con anni di ritardo e dunque rischi per i pazienti”.
“Oggi, la conoscenza delle basi genetiche delle Mpn – sottolinea Amadori – ha reso possibile lo sviluppo di molecole in grado di inibire in modo mirato l’azione dei geni responsabili della malattia, aprendo la strada a un nuovo approccio di trattamento fondato sulla diagnostica molecolare. Questi pazienti hanno delle possibilità in più di controllare la malattia anche a lungo termine”.