La sindrome metabolica, che non è una patologia, ma una condizione di rischio scatenata da fattori quali la presenza di una quantità eccessiva di grasso corporeo, specie a livello addominale, elevati valori di colesterolo Ldl e trigliceridi nel sangue o la resistenza all’insulina, riguarda anche i pazienti affetti da artropatia emofilica. Rispetto alla popolazione generale, infatti, in questi pazienti l’iperglicemia è più frequente del 15%, a causa della scarsa attività fisica dovuta ai problemi articolari. Se n’è parlato all’incontro online in occasione della tappa di Vicenza di ‘Articoliamo’, campagna sostenuta da Sobi con il patrocinio di FedEmo e dedicata al benessere articolare dei pazienti emofilici.
“Nel paziente emofilico – ha spiegato Anna Artuso, ematologa – l’accumulo di grasso addominale sollecita le articolazioni degli arti inferiori”, il che “provoca immobilità che a sua volta provoca la perdita di massa muscolare, la quale peggiora la sindrome metabolica perché accelera i processi che alterano il metabolismo. Paradossalmente, è più a rischio metabolico un paziente con un peso nella norma, ma con una sproporzione tra massa muscolare e grasso, rispetto a una persona sovrappeso, ma con una massa muscolare adeguata”, ha aggiunto l’esperta.
“Non ci sono studi specifici sulla dieta corretta per i pazienti con emofilia – ha precisato Artuso – però risulta efficace quella mediterranea, la stessa consigliata per la sindrome metabolica: frutta e verdura, che regolano i livelli di glucosio nel sangue; acidi grassi vegetali ricchi di omega 3, come la frutta secca, che controllano il livello del colesterolo; i cereali integrali che hanno fibre, minerali e vitamine del gruppo B, che favoriscono il controllo della glicemia. Sono da limitare dolci e carni rosse, che contengono acidi grassi”.