Elon Musk e il ruolo nella campagna di Trump: è lui la vera October surprise delle elezioni Usa

(Adnkronos) – “Elon Musk è l’October surprise di queste elezioni”. E’ quanto scrive il Washington Post, affermando che “nessun miliardario americano ha giocato con la politica” come sta facendo il fondatore di Tesla, e patron di X, con la sua campagna a sostegno di Donald Trump. Il coinvolgimento, a suon di mega finanziamenti, di miliardari nelle campagna elettorali non è certo una novità, continua il Post, al centro di una bufera, e della fuga di centinaia di migliaia di abbonati, perché il miliardario che lo possiede, Jeff Bezos, ha deciso di bloccare l’editoriale con cui il comitato editoriale del giornale voleva dare il suo endorsement a Kamala Harris.  

Ma Musk è andato ben oltre alle passate mobilitazioni di miliardari in favore di un candidato, aggiunge il giornale ricordando come l’uomo più ricco del mondo stia sfidando un monito del dipartimento di Giustizia con iniziative in odore di voto di scambio, come i 47 dollari pagati per ogni firma ad una petizione di elettori pro Trump negli stati chiave, e la lotteria che da oltre una settimana sta regalando un milione al giorno ad uno dei firmatari. Lotteria contro la quale è intervenuta la procura di Philapdelphia. Senza contare che esercita un’enorme influenza con X, dove non ha esitato a fare battute sulla futilità di un eventuale assassinio di Kamala Harris o condiviso informazioni false o fuorvianti sull’integrità del sistema elettorale americana.  

E se solitamente i super ricchi appoggiano, aiutano e indirizzano i candidati dietro le quinte, Musk è diventato il volto pubblico della conclusione della campagna di Trump, “un October surprise umana che può finanziare un suo esercito di volontari, attrarre personalmente attenzione dei media e organizzare rally per Trump in uno stato chiave come la Pennsylvania”.  

Musk ha trasferito nello Stato, che tutti ritengono cruciale per la vittoria della Casa Bianca, il quartier generale di America Pac, il super Pac da lui fondato e unicamente finanziato, con 118 milioni di dollari in poco più di tre mesi, per lavorare in stretto coordinamento con il team di Trump. “E’ convinto che se Trump vince in Pennsylvania vince le elezioni, lo ripete continuamente, tratta la cosa come se fosse un accordo commerciale”, rivela un consigliere di Trump. 

E in effetti Musk sa “che se perde queste elezioni è fottuto – aggiunge la fonte – se vincono i democratici, il risentimento che avranno per tutto quello che ha speso e fatto per aiutare Trump, è una grande scommessa d’affari per lui”. L’imprenditore ha contratti federali per miliardi di dollari con la sua società spaziale, Space X, possiede una società di Internet satellitare Starlink che è diventata un fattore di influenza nei conflitti mondiali e la sua società automobilistica è sotto inchiesta da parte delle autorità federali di controllo per gli incidente delle auto senza pilota.  

“E’ una cosa così straordinaria che non abbiamo veramente compreso la sua unicità: abbiamo l’uomo più ricco del mondo che costruisce un apparato elettorale che la campagna del mondo in un momento in cui una delle ragioni per le quali è l’uomo più ricco del mondo sono tutti i contratti federali e le rapporti di affari controllati da chi è alla Casa Bianca”, afferma Trevor Potter, ex presidente repubblicano della Federal Election Commission.  

Il fatto è che Musk rimane legalmente “indipendente” dalla campagna di Trump, pur partecipando ai suoi comizi, facendone altri da solo in suo nome, finanziando operazioni, come invio di posta, sms, condividendo i dati della campagna di Trump e essendosi assicurato un ruolo nella futura amministrazione Trump attraverso il quale non fa mistero di voler trarre vantaggi per il suo business. A garantire la legalità dell’azione del miliardario è la sentenza del 2010 della Corte Suprema in favore dell’indipendenza e dell’estrema libertà dei Super pac, i comitati di azione politica che, sostenevano i sommi giudici, anche quando “creati dalle corporation non favoriscono l’aumento o il rischio di corruzione”.  

La parabola di avvicinamento, se non proprio di ‘innamoramento’ politico, tra il miliardario tech, nato in Sudafrica e cittadino americano dal 2002, e Trump è recente, se si pensa che nel 2016 il fondatore di Tesla si oppose all’elezione del tycoon, nel 2017 si dimise da un consiglio di consulenza governativo per protesta per l’uscita di Trump dagli accordi di Parigi. Ed appena due anni fa, Trump definiva Musk un “bulls— artist”, uno che spara cretinate, prendendo in giro “le sue auto senza guidatore che si schiantano e i razzi che non vanno da nessuna parte”. 

A queste cordialità, Musk rispose che Trump avrebbe dovuto “appendere i cappello e veleggiare verso il tramonto” e, essendosi comunque già avvicinato alle posizioni conservatrici, si schierò nella battaglia delle primarie con il più giovane Ron DeSantis, la sua candidatura si rivelò però un flop.  

Ma anche dopo la nomination di Trump, Musk si mostrava ancora scettico su un suo coinvolgimento diretto, pur confidando ad altri miliardari la convinzione che il ritorno del tycoon alla Casa Bianca sarebbe stato positivo per loro. “Cercava di capire come aiutare Trump senza legarsi troppo”, raccontavano la scorsa primavera fonti a lui vicine.  

Ma poi tutto è cambiato nel giro di pochi mesi, e il miliardario tech è diventato uno dei più importanti sostenitore nei comizi, finanziatore e consigliere del tycoon con cui parla regolarmente al telefono – “probabilmente ogni giorno” dicono fonti informate- oltre essere in contatto stabile con il suo team di strateghi.  

Più fonti dicono che, in caso di ritorno di Trump alla Casa Bianca, Musk avrà un ruolo nella sua amministrazione, anche se non entrerà formalmente nel governo, perché in questo caso sarebbe costretto a disinvestire dal suo business. Al team di transizione dell’ex presidente il miliardario ha detto che vuole aiutare a stendere un piano per i tagli delle spese federali, rivelano ancora le fonti informate, rivelando di un colloquio tra Musk e Howard Lutnick, il Ceo di Cantor Fitzgerald che guida la squadra che sta già preparandosi ad una possibile futura amministrazione Trump.