C’è una novità nella corsa alla Casa Bianca. Non sarà una sfida a due, ma a tre. Ha annunciato la sua candidatura per il partito libertario Justin Amash, 40 anni, nato a Grand Rapids, in Michigan, membro della Camera dei rappresentanti dal 2011.
Il partito libertario
È un partito nato negli anni Settanta, molto vicino agli ambienti repubblicani, che si fonda su diversi principi: la deregolamentazione del mercato, la funzione del governo ridotta all’osso, la libera scelta e iniziativa delle persone. Sono generalmente più a destra dei repubblicani in economia, più a sinistra dei democratici nei temi sociali.
Concretamente vorrebbero l’iniziativa economica più libera possibile, tagliare la spesa pubblica su tutto e azzerare le tasse. In politica estera ritengono che gli Stati Uniti dovrebbero interrompere ogni intervento militare.
Nel 2016 il candidato del partito è stato Gary Johnson, che prese il 3,28% delle preferenze. Più di 4 milioni di voti, risultato storico per i libertari, che solo con Ed Clark nel 1980 presero più del l’1% (1,06).
Chi è Justin Amash
Justin Amash, classe 1980, è una avvocato statunitense di origine araba, eletto per la prima volta alla Camera dei rappresentanti nel novembre del 2010. È uno dei fondatore dell’House Freedom Caucus, una voce critica nei confronti dell’operato di Donald Trump.
Amash crede che la spesa del governo sia una delle più grandi minacce per l’economia e per la sicurezza nazionale e sostiene un sistema fiscale e un ambiente normativo che promuova la prosperità economica. È un ardente difensore delle libertà civili degli americani, ma è fortemente contrario all’aborto.
Il suo pensiero può essere ben sintetizzato dalle sue parole: “Seguo un insieme di principi di base, seguo la Costituzione. Ed è su questo che baso i miei voti. Governo limitato, libertà economica e libertà individuale”.
Ovviamente non ha alcuna possibilità di vittoria, ma sarà interessante vedere se riuscirà a strappare voti al presidente Trump e far pendere la bilancia verso il candidato democratico Joe Biden.
Mario Bonito