“Se c’è un presidente repubblicano nel 2016 e si verifica un posto vacante nell’ultimo anno del primo mandato, potete dire: ‘Lindsey Graham ha detto di lasciare che sia il prossimo presidente, chiunque sia, a fare quella nomina”. Così parlò quattro anni fa proprio Lindsey Graham, senatore repubblicano per la South Carolina e presidente commissione Giustizia del Senato, quando l’allora presidente democratico Barack Obama voleva, nell’anno di scadenza del suo secondo mandato, sostituire il giudice Antonin Scalia alla Corte Suprema (posto che Scalia occupò, come consuetudine, fino alla sua morte).
In questi giorni, in seguito alla morte della giudice ‘pop’ Ruth Bader Ginsburg, la scomparsa dell’idolo progressista della Corte Suprema come in quell’occasione ha provocato un terremoto politico/istituzionale a poche settimane dalle presidenziali. Scossone che la stessa Ginsburg aveva intuito poco prima di morire, richiedendo di essere sostituita solo dopo il voto.
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Ma a stupire è lo zelo di alcuni repubblicani, Graham, Ted Cruz e Mitch McConnell, che quattro anni fa bloccarono Obama nella scelta del sostituto di Scalia, mentre oggi spingono e sostengono il presidente Donald Trump nella nomina di un nuovo giudice prima delle elezioni (forse Amy Coney Barrett, 48 anni, conservatrice e antiabortista, già giudice di Corte d’Appello del settimo circuito di Chicago).
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“Sarò io a guidare la carica per assicurarmi che il candidato (ndr: alla Corte Suprema) del presidente Trump abbia un’udienza, vada al Senato degli Stati Uniti per un voto, perché questo è il mio lavoro e credo di fare quello che la gente della Carolina del Sud vuole che io faccia a questo proposito”. Queste sono le dichiarazioni di ieri sempre di Graham, lo stesso senatore di prima, questa volta non particolarmente indignato nel sostenere il presidente nella nomina del nuovo giudice della Corte prima del voto.
Come racconta la nota emittente Usa Cnn, Graham non ha mai brillato per coerenza: nel 2016 definì Trump “un bigotto razzista”. Oggi è uno dei suoi maggiori difensori.
Ma Graham è in buona compagnia nel cambio d’opinione: anche Ted Cruz, senatore per lo Stato del Texas, e Mitch McConnell, leader repubblicano della ‘Camera alta’, quattro anni fa si opposero alla conferma del giudice Merick Garland, il candidato proposto da Obama per sostituite Scalia, mentre a questo giro di giostra sono ben disposti a votare in aula il nome proposto da Trump. All’appello dei ‘voltagabbana’ si è unito anche il senatore John Cornyn con un tweet: “Il candidato del presidente riceverà un voto dall’aula del Senato”.
“Il saggio dubita e cambia idea, lo stupido è ostinato…”. Sarà vero?
La Corte Suprema, composta da nove togati (tre progressisti, cinque conservatori più il posto vacante della Ginsburg) oltre a sentenziare su questioni etiche e sociali, potrebbe avere un peso specifico nelle elezioni di novembre (come nel 2000, quando la disputa tra George W. Bush e Al Gore fu decisa, a favore del repubblicano, proprio dalla Suprema Corte). Quando un seggio diventa vacante, il presidente Usa provvede alla nomina con il consenso del Senato.
Mario Bonito