A due mesi dalle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, un Paese in piena crisi sociale, sanitaria ed economica, è interessante analizzare cosa dicono i sondaggi per capire in quale direzione soffierà il vento nei prossimi quattro anni. Joe Biden? Donald Trump?
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Il primo, candidato democratico alla Casa Bianca, oggi è in visita a Kenosha, la città dove Jacob Blake, 29enne afroamericano, è stato gravemente ferito dalla polizia. Dato sempre ampiamente avanti nei sondaggi, negli ultimi giorni Biden ha perso qualche punto di quel vantaggio che gli garantiva un margine di tranquillità. Tanto da farlo uscire dal seminterrato della sua casa di Wilmington, in Delaware (dove, causa pandemia, teneva i suoi comizi ‘virtuali’) per volare a Pittsburgh, in Pennsylvania, e iniziare una vera campagna elettorale.
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Il presidente, candidato repubblicano, due mesi fa era dato per spacciato. Una pessima gestione della pandemia da Covid-19 e una crisi economica senza precedenti lo avevano letteralmente messo al tappeto, spingendo gli americani verso il blu democratico. Ma le proteste contro il razzismo, anche violente, scoppiate in molte città americane dopo l’omicidio di George Floyd, 46enne afroamericano, ucciso dalla polizia (seguito da tanti altri), hanno provocato il caos nella mente dell’elettore statunitense, storicamente moderato. Una situazione in cui l’ormai inflazionato “law and order” di Trump sta trovando terreno fertile. In molti (anche qualche suo consigliere) pensano che voglia sfruttare il caos per potersi “presentare come uomo d’ordine”. Un po’ come Richard Nixon nel 1968. Ci riuscirà? È “una scommessa azzardata“, dice l’Espresso (ormai un po’ di tempo fa).
Secondo i sondaggi di RealClearPolitics, a livello nazionale Biden è sopra di 7,2 punti percentuali (a metà luglio di 8.6). Il sito segnala inoltre un’interessante mappa del voto, che spiega in modo dettagliato gli aspetti più significativi della competizione. Secondo la mappa, Biden ha in tasca (quasi sicuramente) 212 grandi elettori (su 538 totali). 270 è il numero necessario per la vittoria. New York, California, New Jersey, Washington, Illinois, Maine, Rhode Island, Colorado, New Mexico, Virginia, Oregon e Connecticut dovrebbero essere saldamente democratici.
Trump invece, che dovrebbe far bottino pieno in Alaska, Louisiana, Mississippi, Utah, Arkansas, Indiana Montana, South Carolina e in un Texas insolitamente indeciso, secondo le stime è fermo a 115 delegati. Ma gli Stati che contano, i cosiddetti wing states, sono quelli incerti. In particolare Florida (che mette in palio ben 29 delegati), Arizona, North Carolina, Pennsylvania, Wisconsin, e Michigan; la Rust Belt che quattro anni fa spalancò le porte della Casa Bianca al tycoon. È in questi Stati che Trump sta riprendendo un po’ di terreno su Biden, che meno di un mese fa aveva preso il largo, mentre ora naviga a vista.
In Pennsylvania il candidato dem è sceso dal 7.8% di vantaggio al 4.7%; in Florida dal 6.4% al 3.7%; in Wisconsin dal 6% al 4%; in North Carolina addirittura dal 2% allo 0.3%. Segnali positivi solo in Arizona, dove dal 2% di vantaggio nei sondaggi è passato al 5%.
Mario Bonito