(Adnkronos) – Cingolani di nuovo ministro della Transizione ecologica? “Spero di essere io piuttosto. In questo momento, io non sono candidato ma neanche Cingolani lo era, è stato nominato. Ma a questo punto, se li nominate prendendoli a caso, spero di essere io”. Così, in un’intervista all’AdnKronos, Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, tra i maggiori esperti di clima in Italia, noto al grande pubblico per la sua partecipazione a numerosi programmi televisivi.
“Io, poi, non mi candido perché faccio un altro mestiere e ne sono contentissimo – aggiunge Mercalli – ma mi piacerebbe che il prossimo ministro o ministra della Transizione ecologica fosse un giovane, un ragazzo o una ragazza con una bella laurea in questi settori, ce ne sono tantissimi, e io poi sarei contento di dargli una mano e fare uno dei loro consiglieri”.
Ma Mercalli non è ottimista. “Sono sconvolto dall’inerzia e dall’indifferenza dei partiti politici che si presentano al voto del 25 settembre. Non che negli anni precedenti si sia fatto di meglio ma in questo momento c’è un solo partito che ha questi temi nel programma ed è però un partito extraparlamentare. E siamo al 2%. Vorrei vedere cosa voteranno i ragazzi dei Fridays for Future. Sono loro – sottolinea il climatologo – l’interessante ago della bilancia. Se vogliono davvero cambiare le cose io dico: lo vedremo il 26 di settembre. Tutti quelli che hanno dai 18 ai 30 anni dovrebbero votare un partito ambientalista”.
“Invece io temo l’astensionismo – aggiunge Mercalli – parlando con i giovani sento che sono così delusi dalla politica che non credono neanche a quei pochi che hanno messo questi temi nel programma e temo che non andranno a votare. Lo ha detto anche il premio Nobel Parisi: ragazzi, votate un partito ambientalista. Al limite non si perde nulla, ma provateci. Se ci fossero 5 milioni di voti verdi sarebbe un bel segnale”.
La crisi climatica ormai, constata amaro l’esperto, “rischia di diventare irreversibile per le prossime generazioni”, di tempo per cambiare la rotta ce n’è davvero poco e la maggior parte di quel tempo, che avremmo dovuto usare per fare prevenzione, è andato sprecato. “Non abbiamo fatto niente”, nonostante le previsioni degli scienziati, cadute più o meno nel vuoto per 50 anni. Ad oggi, ovvero considerando questi primi sette mesi dell’anno, il 2022 è da considerarsi l’anno più caldo di sempre, e il più asciutto. Cosa significa? “Abbiamo esattamente quello che da 30 anni prevediamo. Non è la prima che parliamo di cambiamenti climatici. Le Nazioni Unite pubblicano rapporti sul riscaldamento globale dal 1992. Di cosa ci stupiamo? Non abbiamo fatto niente…”, dice Mercalli.
“Siamo un paziente che ha avuto la diagnosi della malattia 30 anni fa e non ha voluto fare la cura – continua – E’ accaduto quello che da oltre 50 anni era stato previsto da tutti i modelli di simulazione climatica e da 30 anni a livello politico, perché se la scienza aveva previsto questa evoluzione fin dagli anni 60, la politica ha recepito gli appelli nel 1992 quando c’è stato il summit della terra a Rio de Janeiro, dove si è firmata la prima convenzione sul clima di tutti i Paesi. Ma in 30 anni non abbiamo fatto la cura, abbiamo solo chiacchierato, ignorato, negato”.
Qual è la cura? “Lo sappiamo: ridurre l’uso dei combustibili fossili, consumare di meno, riciclare di più… insomma, la cura prevede un colossale cambiamento dell’economia mondiale”. Ma se la cura è nota, il problema ormai è il tempo a nostra disposizione per metterla in campo con efficacia.
“Abbiamo pochi anni. E la maggior parte degli anni di prevenzione li abbiamo persi – spiega Mercalli – Il primo traguardo è il 2030 con il 55% di taglio delle emissioni, ed è dietro l’angolo, emissioni che dovrebbero diventare zero al 250, e sono 30 anni. Il problema è che da una parte abbiamo l’incalzare della crisi climatica, che se non curata diventerà irreversibile per le generazioni future, e pochi anni per iniziare a fare questa dieta”.