(Adnkronos) – Da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, da Carlo Calenda al Pd. La campagna elettorale per le politiche del 25 settembre è entrata nel vivo con la corsa dei leader su TikTok, il social network della ‘Generazione Z’. Ma sarà vera gloria? Lo abbiamo chiesto a Pietro Raffa, esperto di comunicazione e amministratore delegato di “MR & Associati”. “Prima di tutto – spiega Raffa all’Adnkronos – c’è da fare una premessa: i social vanno utilizzati all’interno di una strategia complessiva, altrimenti rischiano di essere controproducenti. Ma hanno un impatto sul voto. Lo si comprende se li si conosce a fondo, e individuandone quelle peculiarità che troppo poco spesso vengono sottolineate”.
In una campagna elettorale “i social, insieme a strumenti più tradizionali come le ricerche tradizionali (sondaggi, focus group), possono servire in primis a ‘vedere l’effetto che fa’ una potenziale proposta sull’elettorato. Gli scambi di tweet, o i singoli post sulle varie piattaforme, misurano da un lato la reazione del proprio ‘zoccolo duro’ e dei simpatizzanti. Dall’altro permettono di capire se ci sono possibilità di solleticare gli elettori storicamente non vicini a una forza politica o chi si è astenuto alle elezioni precedenti”. E “in un’era di grande mobilità elettorale”, sottolinea l’esperto di comunicazione, “raccogliere queste informazioni attraverso il web listening, l’ascolto della rete, può diventare un fattore decisivo”.
Ma quale è il comportamento elettorale delle nuove generazioni rispetto all’uso che i politici fanno dei nuovi social? Raffa – che in questa campagna elettorale sta seguendo con la sua società candidati di vari partiti nei collegi uninominali – risponde: “Attraverso un utilizzo scientifico della rete e dei social è possibile comunicare con pubblici più giovani che preferiscono informarsi attraverso formati differenti, basati sull’entertainment. Sono persone che non accendono la TV per mesi e che preferiscono una comunicazione più mossa e interattiva. I reels di Instagram, e ancor più i video di TikTok e le dirette Twitch, sono un esempio lampante di questa tendenza. E qui si inserisce la scelta di Berlusconi e degli altri leader di entrare su TikTok…”. “Se ci fermassimo ai numeri”, osserva il blogger, “quello dell’ex presidente del Consiglio sarebbe comunque un caso di scuola. Berlusconi è arrivato a 376 mila follower in 24 ore circa”: un dato che Raffa definisce “clamoroso”.
“Dal punto su vista ‘qualitativo’, da un lato c’è un effetto Cringe (crea imbarazzo e disagio), che è maggioritario, ma quell’effetto innesta la viralizzazione e allo stesso tempo genera simpatia in quella quota di elettori che crede ancora in Berlusconi”, aggiunge Raffa. “Un’altra considerazione a mio modo di vedere non trascurabile è la capacità dei nuovi media di penetrare nei vecchi. Mi spiego: gestire i social in maniera efficace significa anche attrarre l’attenzione dei giornalisti che frequentano la rete, e tipicamente hanno una presenza attiva su Twitter, far parlare dei propri contenuti anche sui canali classici – vedi i giornali. Anche perché questi ultimi, dati troppo spesso per morti, continuano nelle edizioni online a essere letti da milioni di cittadini”.
Ultimo elemento “è la precisione nella targettizzazione”: “non esiste al mondo ancora nulla – sottolinea l’amministratore delegato di “MR & Associati” – che permetta di raggiungere un pubblico definito per interessi meglio dei social. Il che può essere fatto con l’obiettivo di mobilitare all’azione gli elettori, tramite la distribuzione di contenuti stimolanti e di reale interesse, ma anche di smobilitare. Di disincentivare cioè la partecipazione al voto degli elettori avversari, mettendo in luce le contraddizioni del candidato che sosterrebbero”. E, nel caso di sfide nei collegi uninominali ‘incerti’, “qualche centinaio di voti in più o in meno può fare la differenza”, conclude Raffa.