(Adnkronos) – “Giorno dopo giorno, sondaggio dopo sondaggio, la sfida elettorale sembra volgere a favore di Giorgia Meloni e della sua destra. Naturalmente le previsioni possono sempre essere capovolte, e la montagna di indecisi potrà magari condurre verso esiti sorprendenti. Ma il trend di queste settimane sembra piuttosto tendere a consolidarsi fino a delineare un vero e proprio mandato a favore di Fdi e della sua leader.
Staremo a vedere. Nel frattempo però la Meloni farebbe bene a considerare che ogni ondata politica di questi tempi prevede anche il suo riflusso. E che quelle forze politiche che per un attimo sembravano in cima alle preferenze degli elettori si sono ritrovate poi di lì a poco a fare i conti con una discreta quantità di difficoltà e delusioni. Quasi a evocare una fiducia a termine -e anche piuttosto breve.
Andò così al MoVimento di Grillo, plebiscitato meno di cinque anni fa dal consenso di un elettore su tre, e che oggi si trova a sperare che lo rivoti uno su dieci. E altrettanto, seppur in modo più virtuale, accadde a Salvini che ai tempi del Papeete raccoglieva una impressionante messa di favori popolari e che oggi sembra faticare a conseguire il terzo posto, se tutto andrà bene. C’è insomma una volatilità del consenso che rende precario ogni insediamento, e con cui la Meloni, sempre che riesca a vincere, si troverà a fare i conti nel volgere di un tempo fin troppo veloce.
Il punto è che c’è come un malessere nel paese che cerca di volta in volta un santo taumaturgo che ne guarisca i mali. Quel malessere riaffiora non appena si svela la profondità di quei mali, e dunque anche l’impossibilità di venirne a capo con l’urgenza che si vorrebbe. Un po’ perché sono finite le risorse della crescita che avevano accompagnato la prima repubblica. Un po’ perché il debito pubblico non può più essere, ormai da tempo, la risorsa sostitutiva. E un po’ anche perché le ricette fin qui proposte non brillano certo per lungimiranza.
Ora è assai probabile che Meloni, se vincerà, avrà un problema in più. E cioè finirà per trovarsi divisa tra una base elettorale che le chiederà di tutto e di più, e una piramide istituzionale che le chiederà invece di calibrare i suoi passi su parametri di maggior prudenza. Condizione che ha accompagnato tutti i governi degli ultimi anni, si dirà. Con un’aggravante, però. Ed è che in questo caso il carico delle aspettative promette di essere assai più oneroso. Se non altro in ragione della novità e della radicalità di una sfida così inedita.
Spira infatti oggi intorno a Meloni un senso di attesa che può sospingerla verso la vittoria ma che il giorno dopo finirà per alzare ancora di più l’asticella delle difficoltà di governo. Tanto più in una coalizione che pretende di determinare una rottura delle abitudini, dei costumi e dei vincoli che hanno segnato la tradizione pubblica in tutti questi anni.
Qui sarà il suo bivio. Se Meloni terrà fermi i parametri europei, seppure rivisitati, i vincoli di finanza pubblica e i suggerimenti (non sempre disinteressati) delle agenzie di rating, c’è da scommettere che i suoi alleati e una parte della sua base elettorale non ne saranno troppo contenti. Ma se lei invece per guadagnare gli applausi della sua metà campo (e soprattutto di quella parte che vorrebbe spendere e spandere allegramente) proverà ad avventurarsi verso politiche meno rigorose, le difficoltà le avrà dalla parte opposta.
Non è un dilemma di poco conto. Oppone l’icona di Draghi, che Meloni fin qui ha cercato di non scalfire, alle immagini della piazza di destra, da cui è stata sospinta. Non gratis, ovviamente. La base elettorale del centrodestra infatti si aspetta la chiusura dei porti, provvedimento impensabile. E poi la flat tax, argomento su cui Meloni ha elegantemente pattinato. E poi ancora l’attenuazione di tutte le politiche di liberalizzazione (tassisti e balneari, ma non solo). Per non dire di Salvini che sembra pronto fin d’ora a cavalcare tutti quegli argomenti che potrebbero fargli riconquistare una parte della popolarità perduta.
Per ora Meloni sta attenta a litigare il meno possibile. Ma è facile prevedere che l’indomani, se vincerà, dovrà incrociare i ferri con qualcuno. A occhio, dovrà scegliere se farlo con i suoi alleati o con il principio di realtà. E cioè con quel principio su cui si sono basati, con incerte fortune, quasi tutti i governi degli ultimi anni.
Sempre che vinca le elezioni, s’intende”. (di Marco Follini)