Il presidente della Camera, Roberto Fico, sentito il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha convocato il Parlamento in seduta comune, con la partecipazione dei delegati regionali, lunedì 24 gennaio, alle 15, per l’elezione del Presidente della Repubblica. L’avviso di convocazione verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di oggi.
La seduta convocata per l’elezione del presidente della Repubblica è unica e si svolge a Montecitorio senza soluzione di continuità per concludersi al momento in cui viene eletto il nuovo capo dello Stato, con votazioni tutti i giorni e anche più scrutini nella stessa giornata.
Saranno 1009 i grandi elettori chiamati ad eleggere il capo dello Stato: 321 senatori, 630 deputati e 58 delegati regionali, tre per ogni Regione, ad eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno, designati in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. Nei primi tre scrutini per essere eletti occorre il quorum dei due terzi i componenti l’Assemblea, vale a dire 673 voti, dal quarto la maggioranza assoluta, 505. In realtà attualmente il plenum è fermo a 1007 componenti: i senatori sono 320, in attesa che l’Aula del Senato convalidi il subentro del senatore del Pd Fabio Porta a quello del Maie Adriano Cario, dichiarato decaduto. I deputati attualmente in carica sono invece 629, essendo vacante il seggio lasciato libero dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ma per domenica 16 gennaio sono state convocate le elezioni suppletive, pertanto il nuovo eletto si aggiungerà al plenum appena verrà proclamato.
Al momento nessuno schieramento ha i numeri per riuscire ad eleggere da solo il presidente, neanche quando il tetto si abbassa. Anche perché risulta difficile incasellare in uno dei due principali poli, centrodestra e centrosinistra, forze che potrebbero giocare un ruolo determinante di ago della bilancia. In particolare la Lega può contare su 64 senatori e 133 deputati; Forza Italia su 50 senatori e 79 deputati; Fratelli d’Italia su 21 senatori e 37 deputati. Complessivamente 384 parlamentari, 383 considerando che da prassi il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, non dovrebbe votare, ai quali aggiungere probabilmente 32 delegati regionali, per un totale 415 grandi elettori. Un dato che tuttavia andrà definito con più precisione quando si conosceranno i nomi dei prescelti e la loro appartenenza partitica.
Già da adesso può essere portato a 414, considerando che tra di loro ad esempio ci sarà il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, leader di Coraggio Italia, una formazione che attualmente non può essere aggregata al centrodestra tout court e che, viceversa, al momento dell’elezione potrebbe far valere un peso specifico notevole. Come del resto tutta quell’area di centro che può contare su numeri in grado di condizionare la scelta del Capo dello Stato, soprattutto se non si dovesse arrivare ad un ampio accordo tra le forze politiche più consistenti e se i franchi tiratori riuscissero comunque a neutralizzarlo.
Scendendo più nello specifico, Coraggio Italia alla Camera conta su 21 deputati, ai quali si aggiungono i 9 senatori di Idea-Cambiamo (totale 30). Se poi si considerano i 15 senatori e i 29 deputati di Italia viva (complessivamente 44), i 5 deputati della componente Noi con l’Italia della quale fa parte anche Vittorio Sgarbi, i 6 deputati della componente del Centro democratico di Bruno Tabacci, ecco che si arriva ad una forza d’urto di 85 grandi elettori, 86 con Toti. Non solo. Si possono poi aggiungere il senatore Ricardo Merlo del Maie e, tornando alla Camera, gli ex Forza Italia Giusi Bartolozzi, Stefano Benigni e Claudio Pedrazzini e Mario Borghese del Maie, con il totale che sale a 91.
Se Coraggio Italia e Noi con l’Italia si schierassero con il centrodestra, considerando la partecipazione dei rispettivi leader al vertice di coalizione svoltosi prima di Natale, lo schieramento si fermerebbe comunque a 450.
Non meno determinante può risultare l’ampia galassia ex M5S, costituita da parlamentari collocatisi prevalentemente nel Gruppo Misto, apparentemente senza un collante politico che li tenga insieme e che proprio per questo potrebbero rivelarsi schegge impazzite, agendo da veri e propri guastatori. Nel Gruppo Misto di palazzo Madama se ne contano 24, 6 dei quali espulsi e poi riammessi dopo un ricorso nel Gruppo M5S, alla Camera 20, ai quali occorre aggiungere i 4 inseriti nel Maie-Psi-Facciamoeco e i 16 dell’’Alternativa’, che ha anche 2 senatori, arrivando alla ragguardevole cifra di 66.
Lo schieramento giallorosso può invece mettere in campo 382 parlamentari (381 se non si considera il presidente della Camera, Roberto Fico): 74 senatori e 158 deputati (157 escludendo Fico) M5S; 38 senatori e 94 deputati Pd; 6 senatori e 12 deputati Leu. Sommando 24 delegati regionali si dovrebbe arrivare a 405 o 407 quando si aggiungerà il senatore Porta e se il Pd conquisterà il seggio lasciato libero da Gualtieri.
Ci sono poi 4 deputati e 4 senatori delle minoranze linguistiche, cui dovrebbero aggiungersi due delegati regionali, per un totale di 10 esponenti. Al Senato sono nel Gruppo delle Autonomie, di cui fanno parte anche Pier Ferdinando Casini e Gianclaudio Bressa.
Proseguendo nello scandagliare i Gruppi Misti di Senato e Camera tra componenti e singoli, Azione e Più Europa contano su 2 senatori e 3 deputati. Ci sono poi la senatrice ex leghista Rosellina Sbrana, il senatore Leonardo Grimani, che ha lasciato recentemente Italia viva, e i deputati Fausto Longo, eletto all’estero con il Pd; Alessandro Fusacchia, ex Più Europa; Rossella Muroni e Michela Rostan, ex Leu. Infine 6 sono i senatori a vita: Giorgio Napolitano ed Elena Cattaneo, iscritti al Gruppo delle Autonomie; Mario Monti e Liliana Segre, nel Gruppo Misto; Renzo Piano e Carlo Rubbia, non iscritti ad alcun Gruppo.