Elena Basile e Alessandro Orsini, cosa li unisce e cosa li divide

(Adnkronos) – Stesso ruolo nel copione, interpretazioni simili, ma anche qualche differenza sostanziale. Elena Basile e Alessandro Orsini – protagonisti nelle ultime ore tra Piazzapulita e E’ sempre Carta bianca – sono il prodotto mediatico di uno schema a cui l’informazione televisiva ricorre ormai con compulsiva reiterazione. Serve, nel dibattito complesso e articolato che nasce intorno a una guerra, prima quella della Russia all’Ucraina e poi quella di Hamas a Israele, un soggetto che fa parlare di sé per quello che dice e soprattutto per come lo dice. Un esperto della materia, o sedicente tale, che diventa un personaggio e che aiuta a rendere la complessità che si racconta più digeribile da un pubblico che ha bisogno anche dello scontro, e delle piazzate plateali, per scegliere il suo programma e non cambiare canale.  

Le tesi sostenute da Orsini sono ormai metabolizzate e ben codificate. Il fulcro dei ragionamenti sono le responsabilità occidentali nella partita lunga del Donbass, insieme alle ragioni che dovrebbero spingere l’Italia a isolarsi dalle posizioni dell’Unione europea e scendere a patti con Putin. 

Il professore che viene dalla Luiss, ma che con l’università di Confindustria pare avere un rapporto sempre più complicato, argomenta le sue tesi filo-russe, partendo sempre da due fattori principali: l’invasione dell’Ucraina letta come una conseguenza inevitabile degli errori fatti e la presunta convenienza ad assecondare e accettare le conseguenze dell’operazione di forza imposta da Mosca. 

La presenza di Basile sulla ribalta è invece più recente e legata alla clamorosa evoluzione della questione mediorientale, dopo l’attacco di Hamas a Israele. La tesi di fondo è che quando si parla dei crimini compiuti dall’organizzazione palestinese si deve tenere conto dei decenni di oppressione nella Striscia di Gaza, delle responsabilità di Israele e di quelle dell’Europa e degli Stati Uniti, che hanno sostanzialmente lasciato fare per anni. Un punto di vista che spesso condisce con plateali provocazioni e lezioni di relazioni internazionali, e di giornalismo, dispensate con grande disinvoltura.  

C’è un altro tratto che accomuna Orsini e Basile. Tutti e due hanno individuato un nemico diverso da quello percepito nella narrazione che ritengono ‘mainstream’ dei fatti che commentano. Con estrema chiarezza e una semplificazione che evidentemente sconta la precisa volontà di radicalizzare la propria immagine. Orsini ha messo da subito nel mirino Volodymyr Zelensky e l’Ucraina, ribaltando la dinamica quasi unanimemente condivisa che vede un aggressore, la Russia di Putin, infrangere qualsiasi regola di diritto internazionale e invadere un Paese libero. 

Il passaggio immediatamente successivo è mettere in discussione le posizioni atlantiste, ricorrendo alla tradizionale aneddotica anti americana. Basile, nel momento in cui i morti fatti da Hamas in territorio israeliano sono ancora caldi e la solidarietà per le conseguenze di un atto terroristico di proporzioni enormi sono il primo sentimento ‘spontaneo’ per la maggioranza delle persone di buon senso, sposta l’attenzione sulla storia fatta di soprusi da parte di Israele. E, anche lei, aggiunge la pessima frase sugli ostaggi americani che “sono troppo pochi” perché possano spostare l’approccio degli Stati Uniti.  

Orsini e Basile, al netto di una estrazione e di un’età diverse, hanno in comune anche il rapporto con la vita precedente a quella dell’improvvisa notorietà televisiva. Il professore della Luiss ritiene la sua carriera accademica “letteralmente distrutta”, l’ex diplomatica oggi scrive e commenta mentre il sindacato dei diplomatici si affretta a prendere le distanze, puntualizzando che “non è mai pervenuta al grado apicale della carriera, come un utilizzo improprio del titolo di ambasciatrice farebbe presumere”. 

Tutti e due si sentono a proprio agio nei panni dell’eroe ‘controcorrente’, la maschera che hanno scelto di indossare. Orsini si sente depositario di una verità che gli altri non conoscono, mentre Basile evidenzia a più riprese, soprattutto nella sua ultima apparizione a Piazza Pulita, che a lei spetta il compito di dire quello che gli altri non dicono.  

C’è però almeno una differenza sostanziale tra i due personaggi. Non dipende direttamente da loro ma dalla distanza che c’è tra la realtà e le tesi che propongono. Orsini la ribalta, invocando la complessità per annacquare le evidenti, certificate, responsabilità di Putin e della Russia nel conflitto con l’Ucraina. Basile forza la realtà, fino a banalizzarla in alcuni passaggi, per sostenere la propria tesi ma la complessità di cui parla è un dato della questione palestinese di cui non si potrà non tenere conto, nel tentativo di separare le responsabilità dei terroristi di Hamas da quelle del popolo palestinese, per arrivare a soluzioni che non siano l’inzio di un conflitto più largo. (Di Fabio Insenga)