È morta ‘Mamma Ebe’ all’età di 88 anni all’ospedale Infermi di Rimini. Si tratta di “uno dei personaggi più noti e controversi delle cronache giudiziarie di inizio secolo: Gigliola Giorgini, la santona di Carpineta” scrive il ‘Corriere di Romagna’. La donna “si è spenta” ieri per gli effetti inestinguibili di una neoplasia.
Oggi il funerale con il feretro che partirà dall’ospedale Infermi di Rimini. Alle 15 il parroco di S. Ermete celebrerà il rito funebre. Poi la bara di Mamma Ebe sarà trasferita per la tumulazione al cimitero monumentale di piazzale Umberto Bartolani. Nata a Pian Del Voglio (Bo) nel 1933 la Santona di Carpineta si era guadagnata questo soprannome come vertice della ‘Pia Unione di Gesù Misericordioso’. Assieme ad un numeroso manipolo di adepti che la seguivano, riceveva tanti “fedeli” nelle sue capacità di guarire tramite un mix di medicinali, placebo e preghiere ed aveva instaurato una delle sue basi operative in una villa padronale posta sulle pendici della frazione cesenate di Carpineta”.
“Nel gennaio 2002 -si legge sull’edizione online del Corriere di Romagna- le storie di miracolose guarigioni diventano denunce di vittime che dicono di aver ricevuto dalla santona e dalla sua congrega cure mediche inutili o che hanno loro rovinato la vita. E di aver anche pagato tanto, nel tempo, il chiedere aiuto a Mamma Ebe”. Nel 2011 la Cassazione confermò “la sua condanna in via definitiva a 6 anni di reclusione”.
E’ una storia ultratrentennale di guai con la giustizia quella di Mamma Ebe, al secolo Gigliola Ebe Giorgini, la ‘santona di Carpineta’ finita al centro di arresti clamorosi, processi, condanne e accuse pesantissime, che hanno ispirato anche un film del regista Carlo Lizzani. Benedizioni, ‘esorcismi’, pomate per curare ogni tipo di male: Ebe Giorgini, nata a Bologna nel 1934, finì al centro delle cronache nei primi anni Ottanta, quando furono aperte inchieste in varie parti d’Italia su di lei e il suo ordine religioso, mai riconosciuto dalla Chiesa. Nelle case gestite dal gruppo in provincia di Vercelli, nel Pistoiese e a Roma, si sarebbero consumati gravi abusi fisici e psichici: ai malati sarebbero stati estorti beni e denaro, in cambio di guarigioni operate con riti pseudo-religiosi.
Mamma Ebe viene arrestata per la prima volta nell’aprile del 1984: l’ordine di cattura parla di associazione per delinquere, truffa, sequestro di persona, abbandono dei malati ed esercizio abusivo della professione medica. Reati commessi nella duplice veste di santona e di imprenditrice, alla testa di un vero e proprio impero finanziario. L’ordine religioso che ha fondato, la “Pia Unione di Gesù misericordioso”, non è mai stato riconosciuto dalla Chiesa. Nel marzo dell’87 viene condannata ad 8 mesi di reclusione per associazione a delinquere. Un altro arresto arriva nel novembre del 1988.
Nonostante le condanne, la donna non ha mai rinunciato alla sua attività di guaritrice. Attività che avrebbe esercitato somministrando ai suoi pazienti e fedeli intrugli a base di erbe e psicofarmaci e che le è costata una condanna in Cassazione nel 2011 per violazione delle norme antidoping, in seguito alla quale le è stata anche confiscata ”Villa Gigliola”. Nel corso del processo, Mamma Ebe si è sempre difesa dicendo di aver solo imposto le mani e di non aver mai dato indicazioni sull’assunzione di farmaci, anzi di aver sempre consigliato a tutti di rivolgersi ai medici. Secondo quanto accertarono le forze dell’ordine, alla ‘guaritrice’ si sarebbero rivolte centinaia di persone, di tutte le età, anche genitori che facevano benedire per telefono i figli piccoli, solo per farli smettere di piangere.