Ieri come scritto in un altro articolo, il prestigioso tabloid The Economist ha definito l’Italia ‘il paese modello 2021’. Un riconoscimento preziosissimo, in gran parte meritato grazie soprattutto all’avvento di Draghi, “un premier competente e rispettato a livello internazionale. Grazie a lui, e alla maggioranza che ha sepolto le divergenze a sostegno di un programma di profonde riforme, l’Italia è uscita da una crisi riuscendo a riprendersi meglio di Francia e Germania”.
Del resto, come non condividere tali affermazioni? Basti voltarsi indietro per scorgere ancora le macerie fumanti tra le quali, come zombie confusi, vedevamo ‘vagare’ la nostra (in)capace classe politica. Draghi ha preso in mano il Paese nel momento peggiore, quando Conte & C. erano riusciti a far rischiare il tracollo della nostra economia a forza di bonus, con un’opposizione – vista la situazione – letteralmente terrorizzata ad assumersi una qualsiasi responsabilità.
Senza battere ciglio, richiamato dal ‘tremante’ Mattarella, l’ex presidente della Bce ha accettato di ‘incollarsi la croce’ e, senza perder tempo, incassata la stima e la fiducia della Ue, in pochi mesi ha assicurato all’Italia la possibilità di ripartire da zero grazie all’allocazione dei fondi destinati dal Recovery.
Ed ora come scrive ‘pensieroso’ l’Economist, c’è ‘il rischio’ che il presidente del Consiglio possa accettare l’incarico al Colle, lasciando così la sua poltrona “a qualche politico meno competente”.
Dunque, è immaginabile che, dopo aver compiuto il miracolo, riabilitando il Paese a livello europeo, Draghi lasci in mano a ‘questi’ (che sia il centrosinistra od il centrodestra), le redini di un Paese che aspira a tornare fra i grandi?
Un’eventualità che, a causa dell’evidente inadeguatezza della quale si compone trasversalmente l’attuale classe politica: non conviene davvero a nessuno.
Lo ha capito persino Salvini, che per ‘tigna’ (imbracciando la sterile causa degli sparuti ‘no green pass’), si è giocato la vetta fra i partiti maggiormente votabili dagli italiani, subendo l’immediato crollo della fiducia da buona parte dell’elettorato, a vantaggio del Pd e della Meloni.
Tanto è che oggi da Palermo, seppure ‘assorbito’ dal processo ‘Open Arm’, il leader del Carroccio ha colto l’occasione per commentare con i giornalisti l’articolo dell’Economist, affrettandosi a dichiarare: ”Draghi resti premier. Io faccio lo sforzo di stare con il Pd e lui se ne va?“.
Dopo il ‘battutone’ (per altro condivisibile), Salvini ha poi aggiunto che “E’ giusto che continui, se sposti una pedina è difficile che poi resti tutto com’è. E poi cosa facciamo, abbiamo prolungato lo stato d’emergenza fino al 31 marzo e lui se ne va a gennaio?”.
Entrando poi nel merito del Quirinale, il leghista prima ha ‘abbozzato’: ”Cerchiamo di capire cosa vuole fare Berlusconi…” poi, in merito all’eventualità di poter vedere una donna salire sul Colle (e sarebbe ora!), Salvini ha affermato: “anche noi ne abbiamo...”. Ad ogni modo, ha auspicato, ”Spero che gli italiani non assistano a un gennaio davanti a un Parlamento che non riesce a decidere un Presidente della Repubblica. Il mio obiettivo è decidere presto e bene, e se non tutti insieme perché sarà difficile, a larga maggioranza, senza escludere nessuno“.
Quindi, mostrando fra le righe che, almeno nel centrodestra, le idee non sono ancora così chiare, il leader del Carroccio si butta nell’approssimazione: prima spiega che “A differenza di Letta che dice ‘Va bene tutti però Berlusconi no’ io mi siedo a quel tavolo ascoltando tutti. Perché Berlusconi no? Se avesse i numeri… Non c’è un articolo della Costituzione che prevede che il segretario del Pd possa mettere dei veti”. Poi aggiunge: “Pera al Quirinale? checché ne dicano i giornali non lo vedo e non lo sento da tempo, ma è stato presidente del Senato, quindi…”.
Sia quel che sia purché Draghi continui nel restyling di questo Paese, che non ha soltanto bisogno di soldi ma, soprattutto, di una ‘testa’ capace di investirli per il nostro futuro…
Max