“Spetta alla Commissione stabilire se l’Ungheria viola o no il trattato”. Durante il dibattito nel Consiglio europeo centrato sulla legge approvata dall’Ungheria sui contenuti Lgbt per i minorenni, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ricordato al primo ministro magiaro Viktor Orban cosa prevedano i trattati che Budapest ha firmato entrando nell’Ue, e che è tenuta a rispettare. L’articolo 2 del Tue, ha detto Draghi secondo quanto riferiscono fonti italiane, esiste per un motivo ben preciso: l’Europa ha una lunga storia di oppressione dei diritti umani.
“Guarda – ha affermato Draghi rivolto a Orban – che questo trattato, sottoscritto anche dall’Ungheria, è lo stesso che nomina la Commissione guardiana del trattato stesso”. E quindi “spetta alla Commissione stabilire se l’Ungheria viola o no il trattato”.
E’ stato il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ad aprire il dibattito tra i capi di Stato e di governo dell’Ue “sui temi Lgbt e sui valori dell’Ue”. Uno dei più critici nei confronti delle leggi approvate recentemente dal Parlamento ungherese è il liberale olandese Mark Rutte, da tempo uno dei più fieri avversari di Viktor Orban a livello Ue. “Sono profondamente preoccupato per la legislazione ungherese sui diritti delle persone Lgbti. Questa legge viola seriamente i valori che difendiamo in Europa”, ha detto il premier olandese. “La dichiarazione odierna di Mark Rutte non è che un altro episodio della serie di ricatti politici. L’Ungheria non vuole lasciare l’Ue. Al contrario, vogliamo salvarla dagli ipocriti”, ha dichiarato dal canto suo su Twitter la ministra ungherese della Giustizia, Judit Varga, commentando le parole del premier olandese, secondo cui non c’è più posto per l’Ungheria nell’Ue dopo l’approvazione della controversa legge ungherese che limita l’accesso dei minori alle informazioni riguardanti tematiche omosessuali e transgender.
Poco prima era stata dichiarata aperta la discussione sulle migrazioni.
I capi di Stato e di governo dell’Ue riuniti a Bruxelles hanno adottato, nel giro di una decina di minuti, le conclusioni del Consiglio Europeo sulle migrazioni, focalizzate sulla dimensione esterna. Nelle conclusioni si sottolinea tra l’altro che “gli sviluppi su alcune rotte migratorie destano serie preoccupazioni e richiedono continua vigilanza e azioni urgenti”, anche se i flussi irregolari “sono calati negli ultimi anni”. Per “ridurre la pressione ai confini Ue”, verranno intensificate le “partnership” con i Paesi di origine e di transito, come “parte integrante” dell’azione esterna Ue. L’approccio sarà “pragmatico” e “su misura” e farà uso di tutti gli “strumenti e incentivi” a disposizione dell’Ue e degli Stati membri, “in stretta cooperazione con Unhcr e Iom”.
Si chiede quindi alla Commissione e all’Alto Rappresentante di rafforzare “immediatamente” azioni “concrete” e “sostegni tangibili” per Paesi di origine e di transito “prioritari”. Dovranno inoltre presentare “piani di azione” per i Paesi prioritari “nell’autunno 2021”, indicando “obiettivi chiari, misure di sostegno e tempistiche chiare”. Si invita poi la Commissione a fare il “miglior uso possibile” di “almeno il 10% della dotazione finanziaria Ndici (Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument)”, come pure di “altri strumenti finanziari”, per “azioni connesse alle migrazioni”.
La Commissione poi dovrà riferire al Consiglio sulle sue intenzioni al riguardo “entro novembre”. Il Consiglio Europeo, infine, “condanna e respinge qualsiasi tentativo da parte di Paesi terzi di strumentalizzare le migrazioni per fini politici”.