Come è giusto che sia, in merito al Covid ed alle vaccinazioni, accanto a quelle che sono ritenute le ‘fonti ufficiali’ (in quanto diramate direttamente dagli organi di governo, e dai differenti settori facenti parte), con curiosità ed interesse ospitiamo anche gli interventi ed i pareri di persone altrettanto ‘accreditate’, ma di opposte vedute a fronte di ragioni medico-sanitarie altrettanto provate.
Dunque, green pass a parte (e torneremo presto a parlarne), visto che è già partita la campagna relativa alla ‘terza dose’ (al momento riservata soltanto ai soggetti più fragili ed agli immunodepressi), è sempre la questione vaccini a tenere banco. Tuttavia, nonostante le rassicurazioni dei nostri ‘istitutori’, legittimamente moltissime persone continuano a domandarsi: val davvero la pena vaccinarsi?
Come ormai noto, pur non essendo un ‘no vax’, ma un medico scrupoloso che da decenni ‘veglia’ sulla salute dei cittadini della ‘sua’ Ardea, da mesi – con lo slogan ‘Facciamo maturare le coscienze’ – il Dott. Mariano Amici continua a girare le città del Paese ‘informando’ sul Covid (che a suo giudizio è curabile, e su questo bisognerebbe lavorare), e spiegando la ‘pericolosità’ dei vaccini.
Come scrive infatti nel suo ultimo intervento, pubblicato sul suo sito (www.marianoamici.com), il vulcanico medico di medicina generale scrive:
“Ve lo ripeto da tempo: la vaccinazione non è garanzia di non contrarre il Covid-19 e neanche di non propagarlo. Non è neanche garanzia di sviluppare sintomi più lievi ed evitare i decessi causati da complicazioni. Adesso c’è uno studio che lo attesta”.
“Il 6 luglio scorso è stata pubblicata la ricerca clinica effettuata su 152 di un totale di 300 pazienti completamente vaccinati con due dosi, che in 17 ospedali in Israele hanno contratto il Covid-19, sviluppando una sintomatologia tale da richiedere ospedalizzazione.
La conclusione della ricerca dice: “Casi gravi di infezione da Covid-19, associati con un alto tasso di mortalità, possono svilupparsi in una minoranza di soggetti con vaccinazione completa e con multiple co-morbità”. E ancora: “Il tasso di mortalità è simile a quello dei pazienti non vaccinati e ospedalizzati per Covid-19.”
Quindi il medico di Ardea elenca una capillare casistica legata al numero ed alle ‘condizioni’ di salute di quanti (in Israele), pur vaccinati, sono comunque deceduti a seguito del contagio.
“L’indagine ha rilevato che:
– il 25% ha sviluppato condizioni molto gravi (38 persone).
– il 22% è deceduto (34 persone).
4 pazienti non avevano alcuna patologia pregressa e nessuno di loro è tra i deceduti, mentre 148 pazienti avevano una o più di queste patologie pregresse:
– 108 soffrivano di ipertensione
– 73 erano diabetici
– 41 avevano problemi cardiaci
– 37 avevano patologie renali e polmonari
– 29 erano affetti da demenza
– 36 erano affetti da cancro
– 60 avevano scarse difese immunitarie dovute a trattamento cortisonici, chemioterapia o immuno-soppressori”.
Dunque conclude il Dott. Amici: “In altre parole, le persone più deboli, quelle che hanno un sistema immunitario compromesso o impegnato a combattere patologie importanti, sono esposte a contrarre il Covid-19 in modo più grave e potenzialmente letale. Sia che siano vaccinate, sia che non lo siano.
In più, e non viene affrontato in questa ricerca, c’è il problema che la vaccinazione stessa mette sotto sforzo l’organismo e lo indebolisce, motivo per cui le persone a cui viene inoculato il siero dovrebbero osservare un periodo di almeno due settimane di completo isolamento e riposo. Indicazione scarsamente evidenziata e difficilmente attuata.
Pubblicazione della ricerca sui pazienti su 152 pazienti con vaccinazione completa, ospedalizzati per Covid-19 in Israele.
https://www.clinicalmicrobiologyandinfection.com/article/S1198-743X%2821%2900367-0/fulltext
Mariano Amici medico”
Max