Sul fil di lana, con la legislatura che come il 2017 – volge al termine, e le elezioni allorrizzonte, il governo ha finalmente messo una pietra su una disputa durata ben 8 anni. Nella notte infatti (ad eccezione di Usb, Cgs e Cisa), Arian e Cgil, Cisl, Uil, e Confsal, hanno trovato un accordo rispetto al contratto degli statali per il triennio 2016-2018, per un aumento medio mensile pari – a regime – a circa 85 euro lordi sullo stipendio base. Aumenti che, per diversi quadri e posizioni, oscilleranno dai 63 ai 117 euro mensili lordi a regime. A tutto va poi aggiunto l’assegno per dieci mensilità (t21/25 euro) per le retribuzioni più basse, con alcune amministrazioni che potranno erogare un bonus supplementare. Da non dimenticare poi il bonus di 80 euro, e gli arretrati del 2016 e 2017, che interesseranno complessivamente il nuovo comparto delle Funzioni Centrali (Ministeri, Epne e Agenzie Fiscali) e, inoltre, ripartirà anche la contrattazione per il trattamento accessorio. I sindacati, che godranno di un nuovo sistema di relazioni (con il ritorno della contrattazione e l’incremento dei poteri demandati alle Rsu), hanno tenuto a sottolineare anche il nuovo ordinamento professionale, con il varo di “una commissione che dovrà immediatamente produrre un corretto inquadramento, nuove regole per le progressioni, il riconoscimento pieno delle professionalità e delle competenze”. Nellambito delle 36 confermate, spiccano la flessibilità di orario (in base alle esigenze dei lavoratori), la pausa esigibile, diritto delle lavoratrici e dei lavoratori, e l’esclusione del Jobs Act dal contratto, a partire dal mantenimento dellarticolo 18. Raggiante il ministro Marianna Madia che, come si usa ora, ha subito twittato il varo dellaccordo annunciando, “Ore 03:56. Dopo quasi 10 anni di blocco contrattuale, è stato appena firmato, con le organizzazioni sindacali, il primo nuovo #contratto dei dipendenti delle PA”.
M.