“Annamo bene!” direbbe Pierino, visto il contesto in cui si consuma l’ennesima diatriba. Infatti, nemmeno il tempo di ‘rimediare’ sulla questione Bonafede, pena il serio rischio di andare tutti a casa, e già poche ore dopo la maggioranza è tornata ai ‘soliti’ dissapori. Momentaneamente ‘rabbonito’ Renzi ora, come era prevedibile che fosse, è stato il Pd a contrapporsi al M5s.
Al centro delle tensioni ci sarebbe il dl Scuola della Azzolina, come vedremo, seriamente contestato dal Pd con l’appoggio di Leu. In particolare, a contrapporre i due schieramenti della maggioranza, sarebbero addirittura le modalità del concorso dei docenti, che la ministra ha annunciato da settembre.
La Azzolina, forse dotata del ‘teletrasporto’ (così come ha imprudentemente deciso per la Maturità), ‘sbirciando’ nel mese di settembre ha appurato che in quei giorni ormai il coronavirus non ‘rappresenterebbe’ più un problema, specie se si tratta di radunare grandi folle così, e dunque ha già previsto una prova a quiz. Cosa che, come per la Maturità – dal 17 giugno – costringerà gli studenti a concorrere fisicamente. In effetti, se immaginata oggi, è una scelta forse un po’ troppo azzardata tanto è che, oltre al Pd e a Leu, anche i sindacati hanno mostrato le loro perplessità in merito.
Così i due partiti contrari hanno deciso di opporsi attraverso degli emendamenti, a firma Marcucci/De Petris/Verducci.
Apriti cielo! Geneticamente dotati – come ormai risaputo – di una straordinaria capacità di far passare allo stesso modo legittima sia l’invettiva verbale che la ‘tragedia greca’, i 5Stelle hanno subito urlato puntando il famigerato ‘ditino’ contro il Pd che “vuol far saltare il decreto”. Qualcun altro, senza drammatizzare, spiega invece che al Mef ”I pareri ci sono, ma Misiani non li sta dando…“.
Dal canto suo il Pd, ‘obtorto collo’ condannato a dover ingoiare il rospo (il prezzo del potere), ha replicato diplomaticamente assicurando che “Nessuno vuol far saltare il decreto. Piuttosto stiamo cercando una mediazione”.
Dunque, tanto per cambiare, ‘aridaje’ di compromesso. Visto che ‘guai a contraddire’ i M5s, onde evitare altri tempi biblici, Pd e Leu – confortati, di averne poi ragione – sono quindi divenuti ad un accordo ‘equilibrato’: se le condizioni epidemiologiche lo consentiranno, gli aspirati docenti potranno sedere ai banchi per barrare con la penna le risposte dei quiz, viceversa, qualora si ritenesse ancora azzardato ‘assembrare’ migliaia di persone, si passerebbe a quanto previsto dagli emendamenti presentati da Pd e Leu, dove compare anche il concorso per titoli. Quest’ultima soluzione però, di fatto (detto tra noi), cancellerebbe definitivamente i famosi diplomati alle magistrali – senza laurea – che invece per anni sono stati abilitati all’insegnamento.
Al momento, per quel che ci risulta, dal Nazareno spiegano che la Azzolina “non ha ancora mollato, ma va trovata una sintesi. C’è la fiducia, va bene, ma bisogna vedere su quale testo…”.
C’è da dire che di suo, in qualche modo la ministra – grazie all’opportunità datale dal dl Scuola – è intenzionata a ‘lasciare in eredità’ il suo nome sulla Scuola che verrà. Perché, come si va ripetendo da più parti, qualora il governo dovesse trovarsi a dover dare vita ad un ‘rimpasto’, lei difficilmente resterebbe al suo posto.
Ora per capire l’entità di questa ennesima tensione abbiamo un ‘misuratore’ infallibile: il procedimento per ovvi motivi (scade il 4 giugno), deve quindi passare attraverso la Camera in tempi strettissimi. Dunque, se la fiducia arriva subito bene, diversamente, se invece il voto viene slittato alla prossima settimana, allora il ‘dissapore’ è tensione pura.
Come dicevamo, l’unica cosa che non capiamo è l’univocità delle posizioni espresse da Pd e Leu: per i docenti partecipare fisicamente al concorso a settembre potrebbe essere azzardato, mentre invece per i maturandi – fra poco più di una settimana – no!…
Max