Djokovic in Australia, il padre: “Novak come Gesù, messo in croce”

Novak Djokovic come Gesù. E’ il paragone, tra sacro e tennis, che sceglie Srdjan Djokovic, padre del fuoriclasse serbo. Il numero 1 del tennis mondiale è trattenuto in Australia, dove è sbarcato per partecipare agli Australian Open, e rischia di essere espulso: il 34enne, no vax, è arrivato nel paese con un visto giudicato irregolare. “Il nostro Novak, il nostro orgoglio. Novak è la Serbia e la Serbia è Novak”, dice il padre del giocatore in una conferenza stampa a Belgrado. “Stanno calpestando la Serbia e il suo popolo”, dice riferendosi al trattamento riservato al figlio, ‘confinato’ in un hotel in attesa che lunedì una seconda udienza in tribunale, dopo la prima andata in scena oggi, definisca il caso. 

“Noi serbi siamo un popolo europeo orgoglioso. Nella storia non abbiamo mai attaccato nessuno, ci siamo solo difesi. E’ questo è ciò che Nova, orgoglio della Serbia e del mondo libero, sta facendo con il suo comportamento”. Secondo il resoconto della famiglia, Djokovic ha trascorso la notte tra il 5 e il 6 gennaio in isolamento in una stanza dell’aeroporto di Melbourne. Ha avuto a disposizione il proprio cellulare solo per i primi 45 minuti, poi non ha avuto possibilità di comunicare con nessuno per le successive 3 ore e mezza. 

“E’ stato portato in un hotel per migranti, sporco. Senza i suoi effetti personali. Gli hanno detto che glieli avrebbero restituiti prima del ritorno in Europa”, spiega il fratello del tennista, Djordje Djokovic. “E’ stato trattato come un criminale. E’ una persona corretta, in salute, è uno sportivo che non ha mai danneggiato nessuno e non ha mai violato le regole”. Il padre del tennista, a ridosso del Natale ortodosso, si lascia andare ad un paragone a tema religioso: “Gesù è stato crocifisso… Ma vive ancora tra noi. Stanno cercando di crocifiggere Novak e di farlo inginocchiare”.