(Adnkronos) – Vivono sulla propria pelle le discriminazioni di genere, si scontrano con il tabù della maternità in camice bianco e spesso pagano sul fronte della carriera il prezzo del desiderio di diventare mamme. E’ il percorso ostacoli sperimentato dalle radiologhe italiane. A fotografare la difficoltà di farsi strada è un’indagine condotta nel 2021 dalla Commissione donne radiologo della Sirm (Società italiana di radiologia medica e interventistica) su un campione di oltre 1.000 specialiste. I risultati sono stati presentati a Milano durante l’evento ‘Le donne: un motore di progresso’, organizzato oggi in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza dalla Commissione Donne Radiologo Sirm in collaborazione con Fondazione Bracco.
Il 66% delle intervistate ammette che in ambiente radiologico esistono discriminazioni di genere e che queste aumentino all’avanzare della carriera (77%). Il 71% ha dovuto interrompere la propria attività lavorativa per motivi diversi, ma in larga parte (oltre 67%), ha sospeso per gravidanza, allattamento o entrambe. L’aspettativa per maternità è stata concessa senza problemi solo nel 52,8% dei casi, il 12% dichiara di non averne potuto usufruire. E durante la maternità solo per il 37% delle donne medico radiologo è stata effettuata la valutazione del rischio in merito all’attività lavorativa svolta (e pertanto sono state destinate ad attività meno rischiose). Buona parte dei camici rosa che hanno interrotto l’attività lavorativa per gravidanza o allattamento hanno notato un’effettiva penalizzazione della loro carriera in seguito a questo stop. Il 24,7% delle radiologhe dichiara di aver subito una perdita di opportunità di carriera.
E in merito al rientro sul lavoro, solo il 51% dichiara di essersi reinserita facilmente nella stessa posizione occupata precedentemente. Il 44,7% dichiara che l’orario di lavoro non tiene conto delle esigenze legate alla gestione dei figli (il 91% delle intervistate, in effetti, lavora full-time). Più del 40% ammette che il lavoro non consente di conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari.
Non perdere nessun talento: è il messaggio che è stato ripetuto a più voci oggi durante l’appuntamento dedicato alle potenzialità dei camici rosa. Ma ancora una volta l’indagine mette sotto i riflettori le criticità da risolvere per far sì che questo non avvenga: il 65% delle radiologhe dichiara di non portare avanti l’attività scientifica, un campo considerato d’elezione per la propria affermazione professionale in ambito medico-scientifico. Questa percentuale – si legge nella sintesi della ricerca – probabilmente riflette “le difficoltà riscontrate a causa delle discriminazioni generalizzate che sembrano in qualche modo limitare l’accesso di genere all’attività più prettamente di ricerca e scientifica”.
L’indagine evidenzia infine come “solo il 34% delle donne radiologo dichiari di lavorare nella propria disciplina radiologica di elezione”. Tra coloro che dichiarano di lavorare sia nella propria disciplina di elezione che in urgenza, ovvero il 49% del totale dei questionari, solo il 59% dichiara di farlo per scelta propria. “La Commissione Donne Radiologo – commenta la coordinatrice Nicoletta Gandolfo – vuole andare oltre la mera difesa di genere, seppur necessaria, e questo evento mette in valore la tutela dell’attività d’ingegno e scientifica delle donne che spesso incontra difficoltà ambientali e strutturali”.
“Se non c’è uguaglianza di genere non cresce il mondo – è il messaggio lanciato da Diana Bracco, in qualità di presidente della Fondazione Bracco, oggi in apertura del convegno -. Le donne sono un motore di progresso civile, economico e sociale in tutto il mondo. D’altronde, in base alle proiezioni più autorevoli risulta che il maggiore impulso alla crescita globale nel prossimo futuro verrà proprio dal lavoro femminile”.