Andare a scuola, al lavoro, spostarsi all’interno della città: azioni comuni che diamo tutti per scontate, ma che per molte persone non lo sono affatto.
Basta infatti abbassare il raggio visivo di qualche decina di centimetri, all’altezza di una carrozzina per disabili, per capire come cambia la prospettiva.
Siamo sempre lì: Roma, una città con ambizioni cosmopolite che, in fatto di barriere architettoniche, continua purtroppo a rasentare il terzo mondo.
O meglio, in fase di realizzazione e miglioria dei servizi rivolti al cittadino, compaiono gli scivoli, gli ascensori, e specifici percorsi per quanti costretti a deambulare, ma poi nel quotidiano, per un motivo od un altro, non funziona mai niente.
La cosa che rende ancora più irritante – ed al tempo stesso, vergognosa – la questione, è che non ci riferiamo a disservizi comuni in qualche quartiere periferico ma, addirittura, all’interno della centralissima Stazione Termini, snodo nevralgico per il trasporto, da quello cittadino a quello nazionale.
Qui dove, teoricamente abbondano, ben 8 scale e 4 ascensori, che dovrebbero consentire ai disabili in carrozzina, di potersi muovere liberamente per accedere a treni e corse cittadine, sono chiusi. Altro che barriere architettoniche, la realtà dice invece ben altro.
Se alcuni servizi sono stati fermati a causa delle regole anti-Covid, in quanto andavano ad incrociarsi con percorsi pedonali a doppio senso (e dunque facili a creare assembramento), gli altri ascensori e scale mobili sono invece fermi per guasti ed incuria.
Così, quotidianamente, capita che un disabile riesca a spostarsi nel dedalo di gallerie e sottopassi, solamente grazie all’attenzione ed alla buona volontà dei passanti, a loro volta costretti sollevare lo sfortunato per scendere o salire lunghe scalinate.
Una vergogna che investe l’azienda deputata alla gestione del servizio di trasporto pubblico la quale, ha sempre una giustificazione.
E dunque, di fronte alle rimostranze – fin troppo civili – di chi contesta questo schifo di situazione, la risposta, serafica, è sempre la stessa: “Non sempre la chiusura di un impianto è determinata da un guasto o da eventi sotto il diretto controllo di Atac. Sul totale di 656 impianti al servizio del pubblico, circa l’8% – 50 impianti – sono fermi per la limitazione dei percorsi imposti dall’emergenza sanitaria. Altri 48, pari al 7%, sono invece fermi perché a fine vita tecnica e in corso di sostituzione”.
Stessa solfa da parte di Atac dove, quasi in termini eroici, non solo viene spiegato che l’attenzione è massima ma, addirittura, che si sta investendo per ampliare questi servizi. L’azienda replica infatti asserendo di essere “impegnata quotidianamente per migliorare l’accessibilità delle proprie infrastrutture”, e che dal maggio del 2019 “sono state eseguite 175 revisioni speciali e 81 revisioni generali, tra cui molti impianti del nodo di scambio di Termini”. Quindi dopo aver citato gli ‘interventi straordinari’ relativi alle tre linee metropolitane, Atac addirittura rilancia, annunciando che “Si sta lavorando, inoltre, all’apertura al pubblico di sei ascensori della Roma-Viterbo”, all’installazione di “due ascensori presso la stazione San Giovanni”, ed alla “sostituzione di tutti i servoscala, dato che quelli attuali sono risultati poco efficienti”. E meno male…
Max