La notizia intanto, annunciata dal presidente Matteo Orfini al termine della riunione, è che la Direzione del Pd ha approvato la relazione del segretario/premier Matteo Renzi all’unanimità, senza voti contrari o astenuti. La minoranza Pd non ha partecipato al voto. Un vertice interno aperto da un Matteo Renzi in grande spolvero: “Avevamo detto no ai caminetti e che avremmo discusso solo in Direzione: l’impegno con gli iscritti vale più dei mal di pancia di alcuni. Noi parliamo in Direzione, noi ha ammonito il premier – Da quando sono stato segretario non c’è mai stato un momento senza polemica interna, uno scontro permanente. Quello che deve essere chiaro è che la nostra responsabilità di tenere unito il Pd non può arrivare al punto di tenere fermo il Paese. Da 18 anni ci chiediamo chi ha ucciso l’Ulivo ha aggiunto ancora – e non vorrei passare i prossimi 18 anni a interrogarci chi abbia deciso di chiudere la prospettiva del Pd e di un governo riformista in questo Paese. E’ un dibattito – ha sottolineato il premier – che i nostri elettori non meritano”. Poi il passaggio sulla legge elettorale: Con tutto quello che succede sembra surreale che la discussione politica che stiamo facendo è sul premio alla coalizione o alla liste o su un modello di legge elettorale coerente che la storia degli ultimi 25 anni. ma credo sia doveroso parlarci con grande chiarezza. C’è chi ha detto che dovremmo chiedere scusa per aver messo la fiducia: sono allucinazioni. Noi siamo convinti che la legge elettorale funzioni. Io ho il dovere politico di affrontare il tema del combinato disposto”, ha proseguito Renzi, precisando di non condividere chi teme questo punto ma “credo che, essendo la riforma costituzionale così importante, occorre cercare di trovare ulteriormente le ragioni di un punto di accordo. Al nostro interno le ragioni di divisione sono state amplificate: alla vigilia della Direzione c’è stata una richiesta di unità, un invito a discutere in Direzione, e poi il giorno prima c’è stata una girandola di interviste in cui già si prevede il logo dei democratici per il no. Della serie, la risposta è no. Noi pensiamo che il Pd possa discutere sui tre punti fondamentali che sono: ballottaggio sì o no, premio alla ista o coalizione, modo in cui si scelgono i deputati ovvero, collegi, liste bloccate o preferenze. Propongo una delegazione formata dal vice segretario del Pd come coordinatore, i capigruppo, il presidente, più un esponente della minoranza: siamo totalmente disponibili a lavorare, chiedo solo di sentire tutti gli altri partiti, anche i 5 stelle, siamo per utilizzare queste settimane e mesi per togliere tutti gli alibi. Siamo per assicurare tempi certi alla riforma dell’Italicum. Non possiamo farla nella campagna referendaria, ma possiamo iscriverla all’Odg delle commissioni con una discussione nel merito dalle settimane successive”. Poi a seguire, in rapida successione, altri temi in discussione, a partire dal referendum: “Quando si fa un compromesso, si deve rinunciare a qualcosa. Altrimenti non è un compromesso, significa cedere al contrario del compromesso che è il fanatismo. Se ci sono persone tra di noi – ha aggiunto il premier – che hanno votato tre volte la riforma e ora nelle urne votano No, io li rispetto ma ognuno fa i conti con la propria coerenza. Se qualcuno pensa di utilizzare l’Italicum come alibi sappia che noi vogliamo smontare tutti gli alibi”. Poi il Pil: “E’ ridicolo chi fa la morale sulla differenza tra le stime del Fondo monetario e le stime del governo, appena differenti per lo 0,1”. Quindi le tasse: “E’ un dato di fatto che ci sono diritti in più ma anche tasse in meno. L’ultima volta che si sono aumentate le tasse è stato l’ottobre 2013. Da allora non ci sono notizie di tasse aumentate ma anche nel nostro partito si è aperto un dibattito sui bonus di cui qualcuno si vergogna…”. Quindi la volta delle banche: “Sulle banche sono pronto a un dibattito all’americana con chi sta fuori e dentro di qui”. Poi, a seguire, gli interventi, con Cuperlo che ha preso la parola informando la direzione circa le sue future intenzioni: “Se un accordo non ci dovesse essere, io non potrò votare quella riforma ma se tu mi spingerai a quella scelta, io comunicherò il giorno stesso alla presidente della Camera le mie dimissioni da deputato. La via che hai indicato qui si è come arrestata a metà del sentiero ma è un segnale che io voglio cogliere”, ha aggiunto Cuperlo. “Hai fatto un passo sul sentiero, mi chiedo se c’è la volontà politica” di andare avanti e se sì “facciamolo subito, nei prossimi giorni. Tu hai sbagliato, non i calcoli perché non so come andrà, ma la lettura di questo referendum: su tu vinci dividendo il centrosinistra, cammineresti su tante macerie. Io so che la grande maggioranza del Pd oggi è sul sì, ma sarebbe sbagliato non vedere quel pezzo del nostro mondo che è su una posizione diversa. C’è una arroganza che si fa marchio di stagione ha infine aggiunto Cuperlo – Non ne faccio una questione di carattere ma di ruoli, lo dico al mio amico Matteo Orfini: se sei presidente del partito e l’ex sindaco di Roma viene assolto, non puoi dire come prima cosa che l’hai cacciato perché incapace”. Dal canto suo anche Roberto Speranza tradisce le speranze di Renzi: “Penso che la proposta che hai fatto oggi non sia sufficiente. Se noi vogliamo cambiare davvero l’Italicum, dobbiamo mettere noi in campo, come Pd, una proposta. Se mi viene detto che il punto della legge elettorale è un alibi, non ci siamo. Dire che è per accontentare minoranza, si è fuori strada. Noi stiamo ponendo una questione di merito”. Quando l’Italicum arrivò alla Camera, ha aggiunto, “in tanti ti chiedemmo ’fermati’ e invece dieci nostri deputati sostituiti in commissione, un capogruppo che si dimette e la fiducia sull’Italicum. Così nasce la spaccatura più forte di questo partito. Uno strappo enorme. Ora, si deve avere il coraggio e la forza di porre rimedio. Io fino all’ultimo istante non mi voglio sottrarre a nessun tentativo”. Dichiarazioni che hanno inevitabilmente innestato la replica soprattutto a proposito del referendum – da parte di Matteo Renzi: “L’alleanza con altri non è chi sa quale disegno perverso del governo ma lo stato di necessità che deriva dalla mancanza di numeri in Parlamento: chi dice facciamo l’accordo nel Pd e poi siano tutti d’accordo nega la realtà dei numeri. Queste riforme sono il puntiglio di qualcuno o un elemento chiave per la competitività del Paese e la credibilità della politica? Io ho una risposta diversa da quella di Cuperlo. Abbiamo il dovere di dare una risposta, se no non siamo seri. Il referendum è sul superamento del bicameralismo paritario: farà prima a tornare la cometa Halley che noi ad avere l’occasione di votare ancora su una cosa del genere. Da oggi non è c’è più il combinato disposto visto che abbiamo deciso di ridiscutere la legge elettorale. Ora non ci sono più alibi. Massimo impegno sulle modifiche all’Italicum, ma come diceva Franceschini senza trasformarlo in un tormentone. E lavoriamo e nelle settimane successive al referendum e andiamo a vedere lo stato dell’arte”.
M.