(Adnkronos) – “Ma Conte fino a che punto vuole arrivare?”. Tra i parlamentari dem la domanda rimbalza in Transatlantico. L’upgrade delle ultime ore, dopo il voto on line per la leadership contiana, allarma il Pd che fino a due giorni fa era convinto di trovare una soluzione al dossier spese militari agitato dai 5 Stelle. I dem ora si trovano stretti tra l’insistenza di Conte e la durezza, mai così forte, della reazione del premier Mario Draghi. Enrico Letta interviene via twitter. Parla di Italia che lascerebbe “sbigottito il mondo intero se si aprisse ora una crisi di governo”: “Noi lavoriamo con impegno per evitarla”, garantisce il segretario del Pd.
Il tentativo resta quello di tenere tutto. Come si è fatto ancora lunedì sera, alla riunione di maggioranza, quando è stato offerta a Conte la via d’uscita -respinta- di un odg in cui si parlasse di ‘gradualità’ sulle spese della difesa. Ora un altro possibile punto di compromesso potrebbe leggersi nelle parole del ministro Lorenzo Guerini e in una data: 2028. Il ministro infatti dice di raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil per le spese militari entro il 2028.
Sarà sufficiente? La preoccupazione nel Pd è fortissima. Non solo per il passaggio attuale “ma per la prospettiva politica verso le elezioni del 2023”, è il ragionamento di un big Pd all’Adnkronos. La prospettiva politica ovvero quel ‘campo largo’ al centro dell’impegno del segretario Enrico Letta. “Se la legge elettorale resta questa, noi con qualcuno dovremmo pure allearci…”, dicono i dem che, pur in condizioni sempre più complicate, continuano a non vedere alternative a quella prospettiva. Per il momento, almeno, la pensa così il grosso dei parlamentari, a partire dal ‘corpaccione’ di Base Riformista che peraltro vede al centro delle tensioni il ‘core business’ del proprio leader di riferimento, il ministro Guerini.
Poi c’è quel settore Pd, vedi Andrea Marcucci, da sempre tiepido rispetto al ‘matrimonio’ con i 5 Stelle, che vede rafforzate la convinzione sull’impraticabilità dell’alleanza. “La posizione del M5S per me è incomprensibile”, dice Marcucci. Mentre c’è chi riferisce che “da 24 ore le chat dem ribollono di risentimenti e cattiverie verso i colleghi grillini”.
Sul passaggio attuale, quello del dl Ucraina, la sensazione dei dem è che Conte non si spinga fino a una crisi di governo. “Cercherà una via d’uscita, magari andare in aula sul dl Ucraina senza relatore con il testo approvato alla Camera”, testo di cui non fa parte l’odg di Fdi sulle spese militari accolto ieri dal governo nella congiunta Esteri e Difesa al Senato sul decreto. Anche perchè se si arrivasse a una rottura, i dem scommettono che le conseguenze potrebbero essere disastrose per lo stesso Conte: “L’area Di Maio come reagirebbe?”.
Ma se anche si dovesse superare il tornante del dl Ucraina, sono quelli futuri a destare preoccupazione tra i dem. “Conte sta mettendo in difficoltà innanzitutto noi, il Pd, più ancora che Draghi”, è il ragionamento. E c’è chi si dice convinto che Conte per tentare di risalire nei sondaggi, cavalcherà sempre più la linea ‘alla Di Battista, “l’unica in grado di dare ossigeno elettorale ad un movimento del tutto sfiatato”. “Escludo che Conte voglia provocare le elezioni -osserva un senatore dem- piuttosto vedremo un M5S sempre più orientato sulla linea alla Di Battista, a distinguersi dal governo e conseguentemente dal Pd”.