(Adnkronos) – Si tratta di un tumore raro delle vie biliari che, a causa della diagnosi tardiva, risulta ancora particolarmente difficile da trattare nella stragrande maggioranza dei pazienti. E’ il colangiocarcinoma, una neoplasia ‘silenziosa’ spesso caratterizzata da sintomi generici come ad esempio dolore addominale, perdita di peso, nausea, un generale senso di debolezza e stanchezza che possono essere facilmente sottovalutati o confusi con quelli di altre patologie. E’ una patologia in costante crescita: i nuovi casi in Italia sono aumentati del 14% in 5 anni, da 4.700 nel 2015 a 5.400 nel 2020. Secondo uno studio multicentrico condotto negli Stati Uniti, la previsione è che tra circa 10 anni, insieme ai tumori del pancreas, i tumori primitivi del fegato e delle vie biliari supereranno in termini di incidenza i tumori più comuni come quello di colon e polmone.
“Attualmente l’incidenza del colangiocarcinoma in Italia va dai 3 ai 4 casi su 100mila per anno – spiega Domenico Alvaro, preside della Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell’università Sapienza di Roma e coordinatore del ‘Cholangiocarcinoma Working Group’ che ha sviluppato nuove linee guida dell’Istituto superiore di sanità sulla malattia – Vi è però un enorme differenza tra i vari Paesi nel mondo a seconda della variabilità di incidenza dei fattori di rischio, ad esempio in Thailandia l’incidenza è di oltre 100 casi su 100mila abitanti per anno”. L’aumento progressivo di incidenza riguarda principalmente la forma intraepatica, mentre per quella perilare l’incidenza è più o meno stabile. L’incremento di incidenza registrato in Italia è nell’ordine del 4-5% per anno, il che significa che in 15 anni si registrerà quasi un raddoppio dei casi. ”
Visto la sua prognosi così infausta, ci deve preoccupare questo progressivo aumento di incidenza – ammonisce Alvaro – Deve impegnare tutta la medicina a ricercare dei fattori predittivi e identificare i pazienti a rischio per poter effettuare screening e sorveglianza, che è il modo più efficace per prevenire e diagnosticare in fase precoce questo tipo di tumore”. Ad oggi infatti non vi sono metodi per la diagnosi precoce, perché la malattia di solito è asintomatica per lungo tempo. Non esistono, quindi, test di screening o esami diagnostici di routine in grado di identificarla in fase iniziale, quando è ancora possibile la rimozione chirurgica. Sintomi più specifici (ittero ad esempio) compaiono solo in fase avanzata di malattia neoplastica.
“Purtroppo la diagnosi nella stragrande maggioranza dei casi è tardiva – sottolinea lo specialista – quindi ci si arriva quando almeno nel 60% dei casi i pazienti non possono essere sottoposti all’unico trattamento efficace che è la chirurgia. Questo accade perché questo tumore dà segni solo nelle fasi tardive, nella forma intraepatica solamente quando è talmente diffusa nel fegato da cominciare a dare sintomi quali dolenzia addominale, perdita di peso, nausea, malessere o ittero”. Questo rappresenta un grosso problema per la medicina perché, o si riusciranno a identificare i soggetti a rischio da sottoporre a sorveglianza, o la medicina preventiva risulterà ancora fallimentare per il colangiocarcinoma.
Le nuove linee guida appena pubblicate dall’Iss e condivise da quasi tutte le società scientifiche afferenti all’area gastroenterologica, oncologica, radiologica e chirurgica e da associazioni di pazienti, evidenziano la necessità che questi pazienti vengano gestiti da un team multidisciplinare di cui fanno parte gastroenterologi, radiologi, oncologi e radiologi interventisti, perché sono pazienti estremamente complessi che necessitano l’interazione tra i vari specialisti.
“La forza di queste linee guida è quella di delineare passo per passo il comportamento suggerito nella pratica clinica quotidiana. Il fatto che alla stesura abbiano partecipato anche associazioni di pazienti – conclude Alvaro – conferisce loro ulteriore forza e importanza”.