Soltanto oggi l’Istat, illustrando la stima preliminare dei conti economici dell’agricoltura, pur rivelando una lieve flessione, ha ricordato che questo settore per il Paese significa un valore aggiunto di oltre 31 miliardi di euro. Un Paese, il nostro, che vanta una tradizione agricola tale, da assurgere alla vetta fra tutti paesi dell’Eurozona.
Eppure, accanto a tanto ‘nobiltà’ di storica tradizione, ancora oggi persistono ‘zone franche’ che scadono in situazioni sociali -lavorative degne dei paesi meno sviluppati del pianeta. Parliamo di lavoratori agricoli sfruttati e socialmente degradati, costretti a lavorare a giornata per due lire, in continuo spostamento laddove si necessita di dura manodopera. Braccianti non italiani, completamente abbandonati al loro duro destino, in un Paese che fa dell’agricoltura un settore di grande prestigio!
A restituire loro un minimo di dignità è il rapporto presentato oggi a Matera da Medici senza Frontiere che, con ‘Vite a giornata. Precarietà ed esclusione nelle campagne lucane’, racconta queste tristi realtà grazie agli interventi effettuati in loro soccorso nel periodo compreso tra luglio e novembre 2019.
Grazie alla ‘clinica mobile’ di Msf, in collaborazione con sette Asl locali della Lucania (accanto ad altrettanti insediamenti socio-sanitari ‘informali’, volontari), in 5 mesi sono stati censiti 2mila ‘braccianti-invisibili’ ed effettuate 910 visite mediche. Di quanti visitati, 785 lavoratori presentavano condizioni fisiche riconducibili alle dure condizioni di vita e di lavoro ai quali erano esposti. Oltre alla diffusioni di disturbi legati a problemi respiratori e gastrointestinali (frutto di residenze occasionali e prive di servizi igienici), problemi respiratori, dermatiti causate spesso dal contatto con piante o terreni ‘selvaggi’, e reazioni allergiche. Almeno un paziente su tre mostra infiammazioni muscolo-scheletriche croniche. Fra le malattie più diffuse, emerse solo grazie all’intervento di Mfs, 51 braccianti hanno evidenziato patologie come l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, il diabete, malattie respiratorie e nefrologiche.
Ovviamente, a rendere ancora più precarie le condizioni di salute di questi braccianti, il fatto che oltre la metà di loro ha difficoltà a poter usufruire dei servizi sanitari pubblici. E dire che oltre il 30% di loro ha raccontato di ‘vivere’ in Italia da quasi 10 anni. Infatti soltanto il 43% ha la tessera sanitaria ancora valida, mentre al 27% di essi è invece scaduta, con l’impossibilitato a rinnovarla (spesso per difficoltà legate al rapporto con la burocrazia), pur avendo il permesso di soggiorno ancora valido. Ed ancora, se il 28% di loro ha affermato di non essere mai stato in possesso della tessera sanitaria, appena il 25 aveva un codice STP.
Al termine di questo periodo di ‘lavoro’ ed osservazione, Medici Senza Frontiere ha donato la clinica mobile – con tanto di attrezzature e farmaci – alla Loe-Uisp, un’associazione locale che si avvale della collaborazione di medici volontari.
La ‘missione’ dunque prosegue ma, ci domandiamo, che ne sarà di questi poveri cristi?
Max