Il Decreto Rilancio prevede stanziamenti per 3,25 miliardi per la sanità. “Una cifra molto più alta di quella che lo Stato usualmente investiva in un intero anno nel Sistema sanitario nazionale”, ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, nella conferenza stampa di ieri, mercoledì 13 maggio.
Risorse pari a 1,256 miliardi serviranno per rafforzare la rete territoriale, “la vera chiave fondamentale per affrontare l’epidemia da Covid-19”, ha spiegato il ministro. Contact tracing, più infermieri, più prevenzione e aumento del servizio domiciliare, che passerà dal 4% al 6,7%, sono gli obiettivi da mettere a segno dopo che l’emergenza ha messo in luce alcune criticità del sistema sanitario nazionale.
Non solo rafforzamento della rete territoriale, ma anche di quella ospedaliera (1,467 miliardi). Ovvero un aumento del 115% dei posti letto per le terapie intensive, da 5179 a 11.109, 240 milioni subito per nuove assunzioni e 4.200 borse di specializzazione per i giovani laureati in medicina.
Un finanziamento necessario e non procrastinabile. La pandemia ha evidenziato la necessità di una ridefinizione strutturale della governance della Sanità e gli investimenti indicati nel Decreto Rilancio dovevano spingere in questa direzione. Nessuna traccia però nel decreto del bonus di mille euro, annunciato nei giorni scorsi, per medici e infermieri impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19. Meglio gli applausi dal balcone.
Ma quali erano gli elementi di criticità del Sistema sanitario nazionale? Il nostro Ssn è considerato efficiente ed efficace, in cui per efficiente si intende poco costoso. Poco costoso anche a causa di un progressivo definanziamento nell’ultimo decennio.
Il definanziamento della Sanità
Un report della fondazione Gimbe ha svelato che nel periodo 2010-2019 alla sanità pubblica sono stati sottratti 37 miliardi di euro. 25 miliardi tra il 2010 e il 2015 e 12 miliardi negli ultimi quattro anni. Da un processo “inizialmente imputabile alla crisi economica, oggi si è trasformato in una costante irreversibile”, si legge sull’inchiesta.
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Eppure il finanziamento pubblico del Ssn è aumentato complessivamente di 8,8 miliardi nel decennio, con una crescita media dello 0,9%. Dal 2013 al 2018 la spesa è passata da 109,6 miliari a 115,4. Il finanziamento però è cresciuto a un tasso inferiore rispetto all’inflazione media annua, pari a 1,07%. Il risultato? 37 miliardi in meno che hanno inciso in particolare su due elementi: la riduzione del personale sanitario (sia medici che infermieri) e il ridimensionamento dell’offerta di servizi ospedalieri. Sempre meno posti letto. Dal 2007 al 2017 si è passati da una media di 3,9 posti letto ogni mille abitanti a 3,2. Al di sotto della media europea di 5 ogni mille (anche questa diminuita negli anni).
Perché?
Complessivamente dal 2000 al 2018 la spesa è aumentata del 69%, ovvero da 68,3 miliardi a 115,4. Un aumento in termini reali, ovvero al netto dell’inflazione, del 22%. Fino al 2010 la spesa è sempre aumentata, passando da 68,3 miliardi a 113,1. Nel triennio successivo però c’è un calo di 3,5 miliardi, per poi aumentare nuovamente, ma, come abbiamo visto, a un tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua.
Due fattori hanno inciso in particolare: la riduzione della crescita del finanziamento al Ssn a causa del rallentamento del PIL e la ricerca di una maggiore responsabilizzazione finanziaria delle Regioni attraverso i cosiddetti piani di rientro delle regioni in disavanzo, resi operativi dal 2007. Uno strumento efficace a contenere la dinamica di una gestione ‘allegra’ delle uscite e di successo nel riportare in equilibrio i conti dei Sistemi sanitari regionali. Tuttavia ciò ha ridotto il personale e ridimensionato le strutture ospedaliere.
Com’è composta la spesa sanitaria pubblica?
Il 30% da lavoro dipendente (nel 2002 era il 35%), il 10,1% dall’acquisto di prodotti farmaceutici (dal 3,3%), il 20% da consumi intermedi, il 6% da farmaceutica convenzionata, il 6% da assistenza medico-generica convenzionata e il 21% da altre prestazioni sociali in natura da privato.
Nonostante il ridimensionamento, gli indicatori generali di salute ed efficacia del SSN, prima del Covid-19, erano considerati piuttosto buoni anche se con qualche difficoltà. I 3,2 miliardi del Decreto Rilancio sembrano orientati per correggere le criticità espresse. Un auspicio è che in futuro si guardi anche al progresso tecnico grazie a una visione nel lungo periodo. E una domanda. Non sarebbe meglio intervenire ex ante piuttosto che mettere sempre una toppa dopo un’emergenza?
Mario Bonito