Il Governo in queste ore è a lavoro per completare il decreto di maggio 2020 tra le possibili novità vi è una interessante proposta: quella di ridurre l’orario di lavoro ma lasciando lo stesso stipendio.
Di che cosa si tratta esattamente? Di chi è la proposta? E come verrebbe messa in piedi? Ecco tutte le specifiche.
Sono momenti decisivi quelli che sta vivendo il Governo al fine di riuscire finalmente a dare luce al decreto di Maggio, che doveva già essere operativo ad Aprile e che rischia, più passano i giorni, di poter trasformarsi in decreto giugno come tanti temono a causa dei continui rinvii.
In poche parole, il decreto Aprile che sarebbe dovuto arrivare a Pasqua si è tramutato in decreto Maggio 2020, ma secondo alcune indiscrezioni sarebbero queste le ore decisive per arrivare a ‘dama’.
Ad ogni buon conto sono molte le indicazioni che questo decreto dovrebbe prevedere, a partire dai vari bonus che sono stati pensati e messi sul tavolo delle discussioni, oltre ai sostegni al reddito ed alle imprese, passando per le casse integrazioni.
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Nel decreto di maggio, stando a quanto ha detto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, il Dl verterà su uno scostamento di bilancio pari a 55 miliardi: si stanno limando i dettagli su alcuni aspetti cruciali del pacchetto.
Di certo pare che nel Decreto Maggio 2020 si possano essere più fondi alla Sanità: le risorse per la Sanità e per realizzazione di ospedali Covid, passerebbero dai 2,5 miliardi previsti a oltre tre miliardi.
Ma c’è una questione che in queste ore è emersa, accanto alle altre, ma con vivido interesse: quella delle riduzioni degli orari di lavoro a condizioni di paga identiche. Ovvero? Come funziona?
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In poche parole nel nuovo decreto Maggio 2020, la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha proposto una nuova misure che se approvata in via definitiva permetterebbe una rimodulazione dei contratti collettivi aziendali e territoriali, e quindi una riduzione dell’orario di lavoro.
Secondo indiscrezioni, i contratti, stipulati con le organizzazioni sindacali più rappresentative, “possono convertire quota parte delle ore in percorsi di formazione finanziati da un apposito fondo presso il Ministero”, mentre non è prevista una riduzione dei salari.
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