De Rossi, ruggini e amore nell’addio

Un’altra bandiera ammaina, ma ancora una volta, non per propria scelta. Nel mare del relativismo dell’era moderna nella quale il calcio si fa metafora dell’ipocrisia e del cinismo della vita, ancora un nuovo caso d’abbandono senza abbandono, di Capitano che affonda prima dell’oblio della sua stessa nave, allorché il sogno chimerico di finire come si era iniziato, insieme e nell’addio condiviso, forse non appartiene più, se mai è davvero appartenuto, a questo spaccato di realtà che è il football. Daniele De Rossi dice addio alla Roma: non al calcio giocato. Anzi: Daniele De Rossi dice addio perché qualcuno gliel’ha imposto.

De Rossi, ruggini e amore nell’addio: il club non rinnova il contratto del Capitano, che andrà a giocare altrove.

Tutto lecito, tutto comprensibile, per carità. Come lo stesso calciatore, capitano e leader della Roma ha detto nella sua conferenza stampa di addio (o forse di arrivederci), una società ha tutti i diritti di decidere di non rinnovare il contratto in scadenza di un calciatore, 36enne e colpito da diversi infortuni, per carità, e scegliere altre strade e altre soluzioni per poter continuare insieme, come proposto e auspicato da Guido Fienga nella sua partecipazione, sofferta e complessa, all’incontro tra la stampa e De Rossi. Ma se il club di Trigoria ha deciso, per sua propria volontà e indubbiamente per indirizzo dei suoi centri di potere bostoniani (Pallotta) e londinesi (Baldini) che nel mettere soldi da un lato e idee dall’altro veicolano la Roma laddove ritengono più opportuno che la Roma si diriga, di chiudere col De Rossi calciatore per proporre un De Rossi dirigente, altrettanto ha il diritto, lui che è il vero protagonista della vicenda, di scegliere di dire no, e di puntualizzare con garbo e educazione le ragioni del no, e di parlare delle ruggini da cui nasce l’ultima triste fine della favola calcistica in ordine di tempo (dopo i vari Totti, Del Piero, Maldini) con la franchezza dei grandi uomini. De Rossi si sente calciatore, e avrebbe preferito che qualcuno, di recente, lo preparasse, pur essendone di fatto pressoché certo e ampiamente preparato, all’addio. E avrebbe preferito che la proposta non riguardasse il ruolo da dirigente, perchè lui si vede in futuro come allenatore. Ma l’ha fatto con amore, rispetto e riconoscenza verso il club che ama, in cui è cresciuto, con cui si è arricchito. Perchè si chiude un’epopea, ma non i sentimenti.