Dati Istat: l’Italia è il paese dei vecchi

    Il Belpaese si conferma anche quest’anno un paese per vecchi e sono i dettagliati dati dell’Istat, nel report sulla popolazione residente, a confermarlo. In base a quanto è stato calcolato, al primo gennaio 2018 la popolazione residente in Italia è risultata pari a 60 milioni e 484 mila persone. Numeri che per il quarto anno consecutivo calano lievemente: sono infatti 105 mila in meno rispetto al 2017; lontano il ricordo del gennaio 2015, quando fu registrato il picco con 60 milioni e 796 mila residenti.
    L’età media è di 45,2 anni, riflesso di una struttura in cui solo il 13,4% della popolazione ha meno di 15 anni, il 64,1 per cento è tra i 15 e i 64 anni e il 22,6 per cento ha 65 anni e più. La popolazione che supera gli 80 anni raggiunge il 7 per cento, quella di oltre 100 anni supera i 15 mila e 500 in valore assoluto. Sono più di mille gli individui che hanno oltrepassato i 105 anni e venti i supercentenari (110 anni e oltre).?Il processo di invecchiamento è presente in tutte le aree, ma con diverse intensità e modalità: la Liguria è la regione più anziana dell’Unione europea grazie alla più alta percentuale di individui sopra i 105 anni (3,58 per 100 mila abitanti). Al primo gennaio la donna più longeva vivente (poi deceduta il 6 luglio scorso) era residente in Toscana, ma era originaria della Sardegna: a maggio aveva compiuto ben 116 anni ed era la seconda persona più longeva al mondo (verificata). Ad oggi la più anziana d’Italia ha superato i 115 anni e vive in Puglia. L’uomo più longevo ha quasi 110 anni e risiede nella provincia di Trento.?Rispetto al censimento del 1991 dunque ad emergere è soprattutto il consistente aumento della popolazione anziana (65 anni e più), sia in termini sia assoluti (da 8,7 milioni a 13,6 milioni) che percentuali (dal 15,3 per cento della popolazione al 22,6 per cento). Raddoppia la popolazione di 80 anni e oltre (da un milione e 995 mila a 4 milioni e 207 mila). Coloro che avevano meno di 15 anni sono scesi dello 0,8 per cento negli ultimi sedici anni.?Nel confronto tra i dati del Censimento della popolazione del 1991 e quelli riferiti al 2018 si vedono i profondi cambiamenti sociali avvenuti nel Paese. Tra gli individui di 15-64 anni diminuiscono in maniera sensibile le persone coniugate (3 milioni e 843 mila in meno) a vantaggio soprattutto di celibi e nubili (più 3 milioni e 90 mila) e, in misura più contenuta, dei divorziati (oltre 972 mila in più). Tra il 1991 e il 2016 c’è un forte calo (il massimo) della nuzialità con particolare riferimento alla fascia d’età 25-34 anni: in questo caso la quota di coniugati scende dal 51,5 per cento al 19,1, quella delle coniugate dal 69,5 per cento al 34,3. Nel contempo celibi e nubili crescono di oltre 30 punti percentuali.??Ci si sposa di meno, avverte l’Istat, anche in conseguenza della crescita delle libere unioni. Considerate sia le unioni civili costituite in Italia sia le trascrizioni di unioni costituite all’estero, le persone residenti in Italia unite civilmente sono 13,3 mila (0,02 per cento della popolazione), di sesso maschile nel 68,3 per cento dei casi. Gli uniti civilmente hanno un’età media di 49,5 anni se maschi e di 45,9 se femmine e risiedono prevalentemente nel Nord (56,8 per cento) e al Centro (31,5 per cento). Le unioni civili sono più frequenti nelle grandi città: il 35,4 per cento è stato costituito nelle quattordici città metropolitane e quasi una su quattro a Milano, Roma o Torino.