(Adnkronos) – Nel trattamento delle crisi epilettiche associate alla sindrome di Dravet, caratterizzata da un’epilessia molto complessa e farmaco-resistente, la “fenfluramina, con un meccanismo d’azione innovativo, è indubbiamente una carta in più per migliorare la qualità di vita dei pazienti. In oltre il 50% permette un ottimo controllo delle crisi nel tempo e una quota di pazienti è libero da crisi. Questi risultati, oltre ad aprire la possibilità di impiego in altre forme di encefalopatie epilettiche dello sviluppo, sono molto importanti perché cambiano totalmente la qualità di vita del paziente e delle famiglie, con una ricaduta estremamente positiva su altri aspetti che fanno parte della patologia: il disturbo del comportamento, le problematiche cognitive” e altre ancora. Così Francesca Darra, responsabile Uoc Neuropsichiatria infantile, Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, intervenendo a Milano a un incontro con la stampa in occasione dell’approvazione, da parte di Aifa, del rimborso del farmaco di Ucb per il trattamento di crisi epilettiche associate alla sindrome di Dravet come terapia aggiuntiva ad altri farmaci anti-crisi, per pazienti di età pari o superiore ai 2 anni.
La sindrome di Dravet è una encefalopatia epilettica rara che insorge in genere entro il primo anno di vita. Si caratterizzata per gravi e frequenti crisi convulsive improvvise prolungate e scatenate tipicamente da variazioni anche minime della temperatura corporea, emozioni o luci intermittenti. La malattia causa anche gravi disturbi cognitivi, comportamentali e motori, che persistono fino all’età adulta. I soggetti con questa sindrome hanno spesso una resistenza ai farmaci antiepilettici.
“Il farmaco innovativo – spiega Darra – ha un meccanismo d’azione diverso dagli altri antiepilettici”. Agisce su due sistemi controllando sia “l’eccitabilità neuronale” che “aspetti cognitivi”. Rispetto agli altri farmaci anti-crisi epilettica, continua la specialista, la fenfluramina, “agendo su diversi recettori, aumenta la quota di serotonina e parallelamente agisce sul recettore Sigma-1 che è implicato in diverse funzioni: regola gli scambi ionici e l’ecittabilità neuronale e meccanismi legati a memoria e funzioni cognitive. Del resto, i serotoninergici che controllano l’eccitabilità neuronale hanno effetti anche sugli aspetti cognitivi e sull’appetito: un effetto del farmaco è la riduzione del senso della fame”.
Il nuovo farmaco aiuta quindi a controllare la malattia da un lato riducendo l’ipereccitabilità neurale all’origine delle manifestazioni convulsive, dall’altro agendo sugli aspetti cognitivi e comportamentali. Tale azione combinata, che riduce il rischio di morte improvvisa e inaspettata da epilessia (Sudep), apre alla possibilità di esplorarne l’impiego anche in altre encefalopatie epilettiche.
Attualmente, “con l’utilizzo compassionevole di fenfluramnina, si sono trattati in Italia 52 pazienti per un periodo lungo – rimarca Darra – Il risultato positivo della riduzione del 75% delle crisi si è registrato nel 50% dei pazienti e l’11% ha vissuto senza convulsione per un periodo prolungato. Lo studio osservazionale che ha coinvolto pazienti italiani e di altri Paesi ha evidenziato che l’efficacia è sovrapponibile nelle diverse fasce d’età: bambini piccoli, adolescenti e ragazzi più grandi. Abbiamo speranze anche per i soggetti adulti”.
L’auspicio della specialista è di “vedere ridurre drasticamente il numero delle crisi invalidanti e dei farmaci impiegati nella politerapia, che portano a una cattiva qualità della vita e una difficile gestione della quotidianità del bambino e dell’adolescente che non può frequentare la scuola e altre attività. Il fatto che la stabilità dal punto di vista clinico migliori gli aspetti comportamentali, cosa inaspettata, ci spinge a poter considerare l’utilizzo del farmaco in altre forme di encefalopatie epilettiche dello sviluppo e nelle forme particolarmente farmaco-resistenti”.