Vogliamo pensare che, bonariamente, l’intenzione è quella di restituire al Parlamento una sorta di ‘centralità’ (o potere decisionale?) tuttavia, vista la matrice di tale proposta, solo a leggerla, visto ultimamente come sia di moda ‘metter mano’ al senso della Costituzione, avvertiamo i brividi correre lungo la schiena.
Dunque stamane il Pd, attraverso il suo segretario, Nicola Zingaretti, ha presentato al Nazareno la sua ‘proposta di riforma istituzionale’. Proposta poi riassunta nella commissione Affari costituzionali della Camera dal capogruppo de Pd, Stefano Ceccanti, il quale l’ha riassunta sfiorando ‘comicamente’ la blasfemia: “Un Parlamento uno e trino”.
Questo, come premesso, per spiegare il ruolo di un Parlamento forte e decisionale che, come ‘pensato’ dal Pd, attraverso la seduta comune potrà disporre, dando o togliendo la fiducia al governo. Ma non solo, il Parlamento potrà esprimersi sulla legge di Bilancio; sull’eventuale autorizzazione all’indebitamento; a proposito della conversione dei decreti legge; sulle ratifiche dei Trattati internazionali e, cosa non da poco, sulle comunicazioni che il presidente del Consiglio riferirà sia prima che dopo i Consigli europei.
La Camera sarà invece chiama ad esprimersi – in via definitiva – sull’approvazione su tutti i disegni di legge, eccetto che su quelli – in seduta comune – destinati al Parlamento, come per le leggi di revisione della Costituzione, quelle costituzionali ed elettorali, paritariamente approvati da ciascuna delle Camere.
Ed ancora, ecco la ‘sfiducia costruttiva’, secondo cui, in caso di dimissioni, il presidente del Consiglio dovrà prima presentarsi prima in Parlamento. Quindi per il Capo dello Stato, su proposta del presidente del Consiglio, la possibilità di revoca dei ministri, seguendo la medesima procedura che ne disciplina la nomina.
Di contro ad un Parlamento quindi caratterizzato da un ‘bicameralismo temperato’, da parte sua il Senato sarà integrato da 21 rappresentanti regionali, che saranno chiamati a ‘valutare’ territorialmente l’effettiva bontà delle politiche pubbliche. Allo stesso modo i 21 potranno esercitare quei poteri che, fino ad oggi, erano in possesso della commissione bicamerale per le Questioni regionali, che in questo caso andrà a finire in soffitta. Non ultimo, la possibilità di poter istituire all’occorenza un’inchiesta parlamentare.
Raggiante, il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Dario Parrini, per una proposta che, ha sottolineato, rappresenta “la logica conseguenza del Sì al referendum, per aprire un percorso di riforme”.
Soddisfatto anche il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, secondo cui si tratta di ”Un ulteriore passo verso l’attuazione dell’accordo di governo, e la progressiva riconquista della centralità del Parlamento”.
Insomma sono punti fermi che, secondo Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, diverranno acquisibili coinvolgendo ciascuna delle strutture territoriali del partito, “per far tornare il Paese a discutere sull’opportunità del cambio di assetto istituzionale”.
Max