Il panorama politico dell’Italia della crisi si sta modificando sotto i nostri occhi. La scissione silenziosa almeno di una parte consistente della base del PD, di cui parla l’ex ministro Fassina, in conseguenza delle scelte del Segretario e Premier Matteo Renzi, ne è la prova. In effetti non sono pochi i militanti, i sindacalisti e gli amministratori locali che mal digeriscono, non soltanto la rottamazione del vecchio gruppo dirigente del partito, ma soprattutto l’abbandono di alcuni punti fermi, di veri e propri tabù, come l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, o il rapporto privilegiato con la CGIL, o ancora quello con le Regioni Rosse, che erano da decenni l’ancoraggio politico, da cui non si poteva prescindere. Quello che crea però il massimo imbarazzo nella base piddina è soprattutto la mancanza di un avversario, se non proprio di un nemico politico, cui addossare tutte le responsabilità del malessere sociale e delle difficoltà economiche e sociali che stiamo vivendo. Manca in sostanza un Silvio Berlusconi da aggredire, criminalizzare, dileggiare, offendere e accusare di tutti i mali del mondo, così come si è fatto allegramente per vent’anni, per la gioia, il successo e perchè no, il profitto economico, di attori, imitatori, comici, registi e conduttori di talk show, ora drammaticamente orfani della loro vittima preferita. Da Santoro a Benigni, da Dandini a Floris, da Crozza alla Guzzanti, sono in tanti a rimpiangere il tramonto di un’epoca d’oro. Ma non è soltanto una questione di calo di audience. In realtà in tutta la sinistra italiana del 2014, non soltanto in quella mediatico-salottiera, girotondina e accademico-consulenziale, c’è disorientamento, confusione, incertezza e, a volte, sgomento, per la fine del berlusconismo, che ha significato sostanzialmente la fine dell’antiberlusconismo. E non basta. Chi sta creando una vera e propria crisi di identità e di nervi, sia nella base , che nell’apparato e nelle clientele varie del Partito Democratico, è soprattutto Matteo Renzi. Infatti il rottamatore dei vari D’Alema, Bersani, Bindi ecc. ecc. non ha rottamato affatto Berlusconi, anzi lo ha scelto come alleato per le riforme istituzionali e per quella elettorale, sapendo che in caso di necessità, in parlamento, potrà contare anche sui voti, più o meno sottobanco, dell’uomo di Arcore a sostegno del suo governo. Ma Renzi sta facendo ancora di più. Si è impossessato di alcuni temi forti della politica berlusconiana come la riduzione della pressione fiscale, la riforma del mercato del lavoro e misure a favore delle imprese e dell’occupazione. Tutto questo, insieme alla mancanza di alternative credibili nel centrodestra, sta determinando un sensibile slittamento dell’elettorato moderato in direzione del Premier. Insomma, come direbbe Fassina, si sta verificando una sorta di scissione silenziosa. Questa volta però nel centrodestra. A dimostrazione che tutto il quadro politico è in movimento, che sono crollate le barriere del bipolarismo e che il paese reale è più libero e meno condizionato di chi pretende di rappresentarlo in nome di antiche barriere ideologiche, ma avendo particolarmente a cuore i propri interessi personali.