“Il successo di un Paese si costruisce dalle premesse che mette in campo e non dallo sfruttamento. Parliamo di sostenibilità ambientale, di sostenibilità industriale ma non parliamo abbastanza di sostenibilità salariale evidentemente. L’unica risposta oggi a chi vuole fare impresa offrendo meno di 780 euro ai propri dipendenti è dire: cambiate lavoro perché non siete capaci di fare impresa. Io non vedo giovani frenati ma imprenditori che rischiano di frenare l’Italia con questi discorsi”. Così, intervistata da Adnkronos/Labitalia, Fabiana Dadone, ministro per le Politiche giovanili, sull’allarme lanciato dalle imprese di turismo e ristorazione che parlano di decine di migliaia di posti di lavoro scoperti e rifiutati dai candidati, spesso giovani, e a detta delle aziende, anche in alcuni casi per non perdere i sussidi statali come il reddito di cittadinanza.
“Il reddito di cittadinanza serve ad aiutare temporaneamente chi è fuori dal mercato del lavoro ma anche a livellare il mercato del lavoro ad un livello di dignità minimo. Così come la proposta del M5S sul salario minimo per fare un esempio”, aggiunge Dadone.
E sulla proposta del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, di permettere il cumulo del reddito di cittadinanza con il reddito da lavoro stagionale, Dadone sottolinea che “ogni proposta di cumulo del reddito di cittadinanza con un inserimento stabile nel mondo del lavoro è giusta, questo deve essere il fine ultimo di questa misura”.
E sui propositi di riforma del reddito di cittadinanza da parte della Lega, rilanciati ieri, in un’intervista ad Adnkronos/Labitalia, dalla sottosegretaria al Lavoro, Tiziana Nisini, Dadone è chiara: “non ho paura di nessun confronto per migliorare ogni legge, anche il reddito di cittadinanza. Sono più preoccupata della mentalità politica di certi leghisti che come fine hanno proprio l’abbassamento salariale e delle pretese dei giovani italiani. Non molto tempo fa ho attaccato Salvini su questo e ad oggi non ha chiarito se per lui e la Lega Nord sia imprescindibile che un giovane italiano non possa essere sfruttato con salari da fame e al di sotto della soglia di povertà dell’Istat”, conclude.
(di Fabio Paluccio)