Il buon cibo e il buon vino italiano sono molto apprezzati nel mondo ma, proprio per questo, fanno anche paura alla concorrenza, anche sleale di competitor europei e di alcune multinazionali che producono alimenti in laboratorio. Ed i numerosi attacchi all’agroalimentare made in Italy lo testimoniano, nell’anno appena trascorso. In primis un vero e proprio assedio è stato lanciato dal Nutriscore, l’ormai famigerata etichetta a semaforo, a eccellenze come il Parmigiano Reggiano o l’olio extra vergine di oliva, solo per citarne due. Ma si è assistito peraltro al tentativo di scippo del nome Prosecco da parte della Croazia e della produzione di un aceto balsamico ‘tarocco’ in Slovenia.
L’Italia sta combattendo su vari fronti e continuerà a farlo nel 2022, perfino contro una aberrante tendenza guidata da potenti multinazionali, che vorrebbe indurre i consumatori all’omologazione di una dieta universale e che vede nel cibo e, in particolare, nella carne prodotta in laboratorio, la sua quintessenza. Per non parlare di un’ulteriore spinosa questione che sta mettendo sotto scacco il mondo del vino italiano, leader mondiale per produzione e vendite, sulla base delle raccomandazioni contenute nel Piano europeo di lotta contro il cancro che non distingue tra consumo e abuso di alcol.
Il governo è sceso in campo per difendere i prodotti di qualità made in Italy ma c’è ancora parecchia strada da fare e molte sono le aspettative del settore. In particolare, contro il Nutriscore si è schierato apertamente lo stesso Presidente del Consiglio Mario Draghi. Anche tutti i ministri competenti da Patuanelli a Giorgetti, da Di Maio a Speranza hanno espresso una posizione contraria a questa etichetta fronte-pacco e stanno tentando di ostacolarne lo schieramento favorevole nell’Unione europea.
Il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, da sempre contrario, considera il Nutriscore “fuorviante, in quanto condiziona il consumatore piuttosto che informarlo” assegnando un colore (rosso, giallo, verde) per indicare se il prodotto è salutare oppure no, in base alla percentuale di grassi, zuccheri e sale. Il problema è che gli ingredienti vengono valutati su 100 gr o su 100 ml di prodotto e non a porzione. L’etichetta a semaforo è un sistema adottato dalla Gran Bretagna e preso spunto dalla Francia con un sistema analogo. La nostra Antitrust, di recente, ha avviato istruttorie sulla liceità dell’uso del Nutriscore da parte delle società italiane Gs, Carrefour Italia, Pescanova e Valsoia, delle società francesi Regime Dukan e Diet Lab, della società inglese Weetabix e di una marca tedesca di caramelle. E si attendono gli esiti dell’indagine.
La proposta italiana, presentata a Bruxelles invece, è l’etichetta Nutrinform Battery con i valori espressi per singola porzione. Intanto, Patuanelli sta lavorando molto per creare una minoranza di blocco in Europa, sempre più ampia con la recente adesione della Spagna e con alcune aperture della Francia.
L’orizzonte temporale non è lontanissimo, per trovare la quadra su un’etichettatura nutrizionale fronte-pacco obbligatoria e armonizzata a livello europeo, c’è tempo sino alla fine del 2022 in base alla strategia Farm to Fork. Stessa scadenza per l’obbligo dell’indicazione di origine per alcuni prodotti come già avviene in Italia (pasta, riso, derivati del pomodoro, carni trasformate, formaggi e latte). La Commissione a quel punto dovrà fare una proposta agli Stati membri per regolare la materia.
La partita del Prosek croato invece, ha tempi più rapidi. L’Italia ha inviato un dossier molto circostanziato a Bruxelles per difendere il Prosecco, campione dell’export vinicolo ed entro gennaio sono attese le controdeduzioni delle Croazia. A seguire, la Commissione dovrà decidere se consentire il riconoscimento del nome Prosek che, pur essendo associato ad un vino molto diverso dalle bollicine made in Italy, in quanto è un passito con una produzione molto limitata, creerebbe un pericoloso precedente.
Quanto all’aceto balsamico italiano, protetto da tre denominazioni, due Dop (Tradizionale di Modena e tradizionale di Reggio Emilia) e da una Igp, è messo sotto attacco dalla richiesta di riconoscimento di un aceto balsamico da parte della Slovenia. La vicenda è ancora da giocare e le Istituzioni italiane hanno espresso la ferma intenzione di intervenire anche a costo di chiedere l’attivazione della procedura di infrazione.
Di recente, il Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena, rappresentato dal presidente Mariangela Grosoli, pur riconoscendo il lavoro fatto sinora “da tutti i rappresentanti politici che fino ad oggi, a vari livelli, si sono molto spesi nella difesa della nostra Denominazione” ha evidenziato però che “molto c’è ancora da fare” ma di essere “certa che unendo le energie di tutti riusciremo ad uscire da questa impasse. Non c’è un minuto da perdere, c’è da agire con immediatezza per non mettere in difficoltà il nostro comparto” ha detto.
Allarme e battaglia anche per il vino, la carne ed altri cibi entrati nel mirino della Commissione europea a causa della relazione al Piano di lotta contro il cancro che deve essere approvata dal Parlamento europeo a febbraio. Nel frattempo però “la stessa Commissione europea sta già usando quel documento, nella sua versione più radicale, per stabilire criteri ed indirizzi alla base di importanti iniziative normative dell’Unione” secondo quanto segnala Federvini.
E a proposito di questa ‘crociata’ europea c’è molta confusione e anche una componente di malafede visto il danno che si sta arrecando alle produzioni italiane di carne bovina, a favore di carne e cibo sintetico. Il tutto ad opera di una lobby finanziata dalle grandi multinazionali hi tech che vorrebbe imporre una dieta alimentare universale…Ed eclatante è stato il caso di un finanziamento di fondi del Reactive Eu per l’emergenza covid a due grandi società olandesi, denunciato dalla Coldiretti che in questa battaglia non è sola. Filiera Italia e il Progetto Carni sostenibili, portato avanti dalle principali associazioni di categoria Assocarni, Assica e Unaitalia, sono agguerriti nel combattere la convinzione che una decisa riduzione della carne rossa nella dieta, quando non addirittura la sua totale eliminazione, rappresenti una scelta opportuna per star bene e prevenire le malattie cronico-degenerative, con particolare riferimento innanzitutto al cancro. Una presa di posizione che non si fonda su basi scientifiche e manca di un confronto con i vari Stati membri.
Alle ‘battaglie’ si affiancano alcune prossime sfide in Europa per l’agroalimentare italiano: due hanno l’orizzonte al 2030, una è quella di arrivare al 25% del terreno agricolo europeo vocato all’agricoltura biologica, l’altra la riduzione del 50% dell’impiego di pesticidi chimici. Sfide contenute nel piano strategico sulla Pac che entro il 31 dicembre deve essere inviato a Bruxelles. Quanto agli obiettivi da raggiungere con il Pnrr l’Italia dovrà attuare i vari progetti per la gran parte entro il 2022, altrimenti le risorse verranno perdute. (di Cristina Armeni)