‘Come cambia il senso del lavoro’ è il tema dell’incontro promosso dal Fondo Formazienda per fare il punto sulle nuove competenze e sui nuovi lavori che sono richiesti dalle aziende nella fase post Covid. Uno scenario che impone, naturalmente, il ruolo strategico della formazione per far collimare il fabbisogno del mondo produttivo sul fronte delle capacità e delle abilità con la dotazione di conoscenza e di esperienza della forza lavoro.
Il digital debate, organizzato da Consenso Europra, si svolgerà venerdì 14 maggio e saranno presenti i seguenti relatori: il sociologo Domenico De Masi, l’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, i senatori William de Vecchis e Mario Turco, Rossella Spada, direttore generale del Fondo Formazienda, il vicesegretario generale e capo Dipartimento Formazione Confsal Lucia Massa, e Berlino Tazza, presidente di Sistema Impresa, il presidente della Fondazione Studi consulenti del lavoro, Rosario De Luca. Modera l’incontro il giornalista di Radio1 Rai Giancarlo Loquenzi.
Dal data scientist al cloud engineer, dall’esperto di intelligenza artificiale al chief sustainability officer, dal product analyst fino al preparatore atletico: sono 96 i lavori del futuro secondo lo studio pubblicato da World Economic Forum (Wef) dal titolo ‘Jobs of Tomorrow: Mapping Opportunity in the New Economy’. Queste professioni emergenti, che il mercato richiederà in misura crescente, sono raggruppabili in 7 categorie: Data & Ai, Care Economy, Green Economy, Engineering & Cloud Computing, People & Culture, Product Development, Sales, Marketing & Content. Secondo il Wef (che ha usato dati di LinkedIn e Burning Glass Technologies) si creeranno 1,7 milioni di nuovi posti di lavoro a fine 2020 e continueranno a crescere aprendo 6,1 milioni di opportunità di impiego di qui al 2022. Questi lavori del futuro richiederanno un preciso set di competenze sia tecniche (skill digitali) sia di business sia ‘umane’ (soft skill).
“Il Paese – commenta Rossella Spada, direttore di Formazienda al quale aderiscono 110mila imprese per 750mila dipendenti e che dal 2008 ha finanziato 75mila progetti formativi per 150 milioni di euro professionalizzando 500mila persone – è davanti a una svolta e i fondi interprofessionali, che hanno la missione di tradurre in realtà la formazione delle nuove competenze, devono avere ben chiaro l’indirizzo di sviluppo dei nuovi lavori e delle nuove mansioni. La nostra prossimità con le aziende è serrata, quotidiana e costante. Si alimenta di un confronto proficuo che viene agevolato dalla relazione che gli enti di formazione accreditati presso Formazienda attivano e mantengono con le economie locali”.
“Come suggerito dal Piano nazionale di ripresa e resilienza licenziato dal governo Draghi – ricorda – alla formazione delle risorse umane spetta un ruolo chiave nella strategia di risposta alla crisi del Covid recuperando il terreno perduto in termini di produttività e competitività. I fondi interprofessionali sono al centro del cambiamento. In questa prospettiva può essere molto utile costruire le condizioni per definire un quadro operativo comune tra decisori pubblici nazionali ed europei, organizzazioni datoriali e sindacali, fondi interprofessionali con l’obbiettivo di definire linee di intervento condivise, coerenti, incisive”.
“Formazienda nel 2020 ha stanziato 30 milioni di euro con lo scopo prevalente di aiutare le aziende nella transizione 4.0. Dobbiamo insistere e il nuovo corso dell’Unione europea è favorevole. Il Pnrr cuba oltre 300 miliardi di euro di risorse tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti per l’Italia. Dobbiamo definire uno scenario di intervento efficace, capace di ascoltare le urgenze delle imprese, funzionale al migliore utilizzo delle risorse ai fini di un celere e duraturo ritorno alla crescita”, conclude.