Tredici anni di carcere per omicidio preterintenzionale, con l’esclusione delle attenuanti generiche. È quanto richiesto nel processo in Corte d’Assise d’Appello, a Roma, dal procuratore generale Roberto Cavallone nei confronti di Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, i due carabinieri accusati del pestaggio e dell’omicidio di Stefano Cucchi. Il 31enne romano era stato arrestato il 15 ottobre 2009 e morto sette giorni dopo all’ospedale Sandro Pertini.
“Lo hanno massacrato di botte”, ha detto Cavallone nella requisitoria. In primo grado i due carabinieri erano stati condannati a dodici anni.
Cavallone: “Abbiamo perso tutti”
“In questa storia abbiamo perso tutti – ha proseguito il procuratore generale – Quel giorno Cucchi doveva andare in ospedale e non in carcere. Credo che nel nostro lavoro serva più attenzione alle persone piuttosto che alle carte che abbiamo davanti. Dietro le carte c’è la vita della persone”.
Chiesta l’assoluzione per Francesco Tedesco
Cavallone ha sollecitato inoltre una condanna a quattro anni e sei mesi per il maresciallo Roberto Mandolini, comandante interinale della stazione Appia 3, accusato per falso. Per Francesco Tedesco, il teste che con le sue dichiarazione ha fatto luce sul pestaggio su Cucchi la notte del suo arresto, è stata chiesta l’assoluzione dall’accusa di falso.