Se una struttura crolla o cede, la domanda più logica che, assistendo a tale sfacelo, l’uomo di strada si pone è: ‘come è stato possibile che sia accaduto un fatto simile, senza averne avuto prima una minima avvisaglia?’
Ovviamente, come l’esperienza insegna, a monte dei grandi disastri, gran parte delle responsabilità sono da attribuire a chi – per incuria od espressa incapacità – non è stato in grado di coglierne i segnali di ‘cedimento’.
Premesso quindi che è assolutamente ‘vergognoso’ solo immaginare che qualcuno possa aver realizzato opere pubbliche ‘a rischio’, è ancora più ‘indegno’ apprendere che nella maggior parte dei casi, sia la manutenzione, che i controlli, negli anni a seguire sono poi stati ‘puntualmente’ disattesi. Chiaramente a monte di queste ‘volute’ disattenzioni, si cela la volontà di non intervenire con lavori spesso lunghi e ‘costosissimi’.
Emblematica in questo caso la vicenda del crollo della galleria Bertè, avvenuta nella A26 nel dicembre del 2019, rispetto alla quale proseguono indagini ed accertamenti. Come è giusto che sia, il titolare dell’inchiesta, il procuratore capo facente funzioni Francesco Pinto, ha coordinato una task force con a capo i pm Walter Cotugno e Stefano Puppo i quali, hanno incaricato un team di tecnici esperti per una consulenza.
Ebbene, ciò che hanno riferito gli esperti, è a dir poco raccapricciante: “Fino al 2020 il 75% dei tunnel liguri era fuorilegge”. Addirittura, è stato scoperto che precedenti perizie – prima del ‘fattaccio’ – avevano individuato “gravissimi ammaloramenti” della Bertè, “in un contesto di inadeguati monitoraggi negli anni”.
Ricordiamo che, a proposito dell’inchiesta sulle gallerie, ’al momento’, sono già 21 gli indagati (a vario titolo), per reati che vanno dal crollo colposo, al falso, dall’attentato alla sicurezza dei trasporti, all’inadempimento di contratti di pubbliche forniture. Insomma, dopo il tragico crollo, ora ce ne è abbastanza per poter udire con nitidezza il grande ‘botto’ che ne seguirà…
Max