(Adnkronos) – Arriva dall’Italia, da una parte delle forze politiche, e arriva soprattutto dalla comunità internazionale e dall’establishment economico-finanziario. L’appello al premier Mario Draghi perché resti al suo posto a Palazzo Chigi, alla guida del governo italiano, sta diventando con il passare delle ore una richiesta pressante, quasi come se a quella richiesta possa esserci una sola risposta, dovuta.
Da presidente della Bce Draghi pronunciava dieci anni fa, era il 26 luglio 2026, le tre parole che segnarono la chiave per uscire da una delle peggiori crisi che l’Europa avesse mai vissuto: “whatever it takes”. “Tutto quello che sarà necessario”, in italiano, era una dichiarazione di guerra a ogni forma di speculazione scandita a difesa dell’Euro e accompagnata da una seconda affermazione altrettanto efficace, “And believe me, it will be enough”, in italiano “credetemi, sarà abbastanza”. Quello che Draghi ha detto, e soprattutto quello che la Bce ha fatto successivamente, ha consentito di limitare i danni e di ricostruire una stabilità che la crisi dei debiti sovrani aveva polverizzato.
Oggi, in maniera più o meno esplicita, a Draghi si sta chiedendo di non rinnegare quell’approccio che lo ha reso il leader più influente in Europa, facendo ”tutto quello che sarà necessario” per evitare che l’Italia, e di conseguenza l’Europa, tornino in una fase di profonda instabilità.
Come ogni appello del genere, anche quello che si fa a Draghi oggi è una semplificazione rispetto alla complessità della situazione politica italiana e una ‘forzatura’ rispetto alle valutazioni che un presidente del Consiglio deve fare senza guardare al passato ma pesando gli elementi che ha in mano. Il premier lo farà fino a mercoledì e prenderà la decisione che riterrà più opportuna rispetto a quello che ascolterà nelle aule di Camera e Senato e, soprattutto, rispetto ai fatti che si concretizzeranno.
Chi conosce bene Draghi, in queste ore, si limita a ricordare proprio il senso del ‘whatever it takes’. Dietro quelle parole c’era la ferma convinzione di poter incidere, all’interno del mandato della Bce, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. E anche andando oltre, creandone di nuovi fino a quando sarebbe stato necessario farlo. La decisione di dimettersi di Draghi, arrivata pochi giorni fa, è coerente con quell’approccio. E’ stata presa perché, vista la situazione politica all’interno della sua maggioranza, Draghi non aveva più strumenti a disposizione per fare quello che riteneva necessario. E mercoledì, è la previsione che si azzarda, Draghi farà la stessa cosa. Se vedrà lo spiraglio per ricostruire le condizioni adatte per fare quello che serve, sarà ancora ‘whatever it takes’. Altrimenti, non potrà che confermare l’esigenza di fare un passo indietro.
(di Fabio Insenga)