(Adnkronos) – La crisi energetica e l’inflazione da costi che ne è derivata hanno colpito il sistema produttivo italiano in modo trasversale, ma con una certa eterogeneità tra i diversi comparti. Lo rileva l’Istat nell’edizione 2023 del Rapporto sulla Competitività dei settori produttivi presentato oggi dall’Istituto di Statistica nella sede del Politecnico di Milano. Il commercio con l’estero dei settori produttivi, spiega il Rapporto, ha generalmente evidenziato una dinamica in volume molto meno brillante rispetto a quella in valore, sia per le esportazioni sia per le importazioni; fanno eccezione alcuni comparti del Made in Italy: abbigliamento, pelli e, per quanto riguarda il solo export, anche il tessile e gli alimentari. Le due crisi che hanno caratterizzato il periodo 2019-2022 non hanno invece modificato in misura sostanziale la rilevanza relativa dei principali partner commerciali dell’Italia (Stati Uniti, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Russia e Cina, che complessivamente spiegano circa la metà dell’export in volume della manifattura): solo in due settori su 23 si segnala un cambiamento del principale mercato di sbocco. Tuttavia, prosegue il Rapporto dell’Istat, emergono tracce di ricomposizione: gli Stati Uniti hanno guadagnato rilevanza in tutti i settori della manifattura, con l’eccezione delle bevande, gli altri mezzi di trasporto e la farmaceutica, a detrimento di Germania e Francia, che perdono peso nelle esportazioni in volume rispettivamente in 12 e 13 settori su 23. Dal lato delle importazioni cresce l’importanza relativa della Cina nell’import in volume di ben 19 comparti manifatturieri, con particolare rilievo negli altri mezzi di trasporto, nei macchinari, nell’elettronica (confermando il suo ruolo di leadership), nella chimica.
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