Il coronavirus è nato in laboratorio? Sì, secondo un nuovo studio che sarà pubblicato dal Quarterly Review of Biophysics Discovery e che viene anticipato oggi dal Daily Mail. La ricerca sostiene che il coronavirus può essere stato ottenuto solamente in laboratorio “oltre ogni ragionevole dubbio”.
Studiando per mesi, sulla base di articoli ritrovati in database e archivi, gli esperimenti effettuati all’Istituto di virologia di Wuhan dal 2002 al 2019, i due scienziati firmatari del ‘paper’, l’oncologo britannico Angus Dalgleish e il virologo norvegese Birger Sørensen, sostengono di aver stabilito che il coronavirus è stato creato nel corso di esperimenti di guadagno di funzione, detti anche anche mutazioni attivanti (ricerche provvisoriamente proibite negli Stati Uniti per cui si alterano i genoma di virus per ottenerne di più infettivi).
Partendo da un coronavirus prelevato in una grotta con pipistrelli, gli scienziati cinesi avrebbero ottenuto la nuova proteina ‘spike’ che lo ha trasformato nel Sars-Cov-2 all’origine della pandemia e che, sottolineano gli scienziati, non ha “antenati naturali credibili”.
Una catena di amminoacidi della ‘spike’ del Sars-Cov-2 sarebbe la prova schiacciante della loro tesi. E’ grazie alla loro carica positiva che il virus si lega in modo così efficace alle cellule umane. Ma in natura difficilmente si trovano anche solo tre amminoacidi positivi insieme, dato che si respingono. Quattro è “decisamente improbabile”.
Gli scienziati cinesi avrebbero poi “distrutto, nascosto e contaminato in modo deliberato i dati” nei laboratori cinesi e gli appunti in modo da “impedire agli scienziati che volevano condividere le loro scoperte di farlo”. L’articolo, riferisce il Daily Mail, era stato respinto da diverse altre riviste scientifiche di primo piano.