Home ATTUALITÀ Covid Usa, Fauci: “Dosi ai Paesi poveri, giusto vaccinare i bambini’

    Covid Usa, Fauci: “Dosi ai Paesi poveri, giusto vaccinare i bambini’

    Una nuova ondata pandemica del Covid “dipende molto dal grado di successo che raggiungeremo con le vaccinazioni. E non solo con la fase iniziale. Cominciamo a osservare che l’immunità si sta attenuando. In nazioni come Israele e poi in Gran Bretagna e adesso negli Usa e Sud Africa, dove molte persone sono state vaccinate sei mesi fa, e oltre, con i vaccini a mRna e due mesi fa con il Johnson&Johnson si dovrebbe ricorrere alla terza dose, in un caso, e alla seconda nell’altro. Per chi ha più di 18 anni. Purtroppo, a livello globale, esiste una percentuale molto ridotta di vaccinati, soprattutto nei Paesi a basso reddito. Ecco perché gli Usa e le nazioni sviluppate dovrebbero prendersi la responsabilità di inviare un numero sufficiente di dosi in quei luoghi. In caso contrario il virus continuerà a circolare e sarà difficile averne ragione. La vaccinazione, perciò, è la risposta”. Lo dice Anthony Fauci in un’intervista alla Stampa, nella quale l’immunologo e consigliere del presidente Usa Biden sostiene che grazie al fatto che “abbiamo già iniziato il ‘booster program’, con 33 milioni di persone coinvolte, è chiaro che la terza dose è sicura quanto la seconda ed è importante sottolineare quanto sia efficace: se si studiano i dati, si vede che riduce di molte volte la possibilità di essere infettati e ospedalizzati e allo stesso tempo aumenta l’immunità rispetto al contagio di 10 volte e il rischio di essere colpiti dalle forme più gravi della malattia fino a 20 volte. È quindi estremamente efficace nell’ottimizzare la protezione”.  

    Riguardo la decisione di somministrare la terza dose dopo cinque, sei o nove mesi, Fauci afferma che “è una situazione davvero empirica, sotto molti aspetti. La raccomandazione, negli Usa, è di sei mesi o più con il vaccino a mRna e due o più con il Johnson&Johnson. Dipende dai Paesi. In Israele, per esempio, è stata fissata la soglia dei cinque mesi o più. In definitiva non c’è una grande differenza. Non sappiamo se dovremo sottoporci a una dose di vaccino ogni anno. Spero che la terza generi un grado di durata della protezione molto più lungo di quello garantito dalle due dosi. Ma non potremo saperlo finché non vaccineremo un numero sufficiente di persone e non le seguiremo nel tempo. È possibile che non siano più necessarie ulteriori dosi per un anno, ma è anche possibile che dopo sei o nove mesi dovremo sottoporci a una nuova dose. Non conosciamo la risposta, ma lo scopriremo”.  

    Quanto alla somministrazione del vaccino in età pediatrica, Fauci dichiara che “abbiamo realizzato i trial clinici con bambini tra i cinque e gli 11 anni con la dose ridotta dello Pfizer. È un terzo dello standard, 10 microgrammi. Abbiamo osservato che è sicuro, che non ha effetti avversi e che è efficace al 91% nel prevenire la malattia. Per questo motivo le agenzie regolatorie consigliano la vaccinazione di tutti i bambini. L’obbligatorietà – aggiunge – è un tema delicato. È importante sottolineare che, sebbene non sia piacevole rendere obbligatorio ciò che le persone ritengono di non dover fare in autonomia, è necessario raggiungere un equilibrio: solo così ci si mette al riparo dalle conseguenze di un alto numero di persone che non si vaccinano. Ed ecco perché, negli Usa, abbiamo spinto per regole stringenti nel business e nelle università. Inoltre, chi lavora per il governo federale deve vaccinarsi, se vuole mantenere il proprio posto. Preferiremmo che le persone si vaccinassero senza costrizioni, ma questo non sembra avvenire: se non si raggiunge una proporzione adeguata di vaccinati, si mettono in pericolo non solo i non vaccinati, ma, incrementando il flusso del contagio, si minacciano gli stessi vaccinati, dato che nessun vaccino è efficace al 100%”.  

    Gli anticorpi monoclonali per chi non può essere vaccinato, secondo l’immunologo, “possono prevenire l’infezione in chi dimostra di non avere una buona risposta al vaccino. Ma non va mai dimenticata l’importanza del vaccino stesso. Mentre i farmaci antiretrovirali rappresentano una svolta per le terapie anti-Covid: “il farmaco Merck diminuisce del 50% i rischi di ospedalizzazione e morte, se somministrato nei primi tre-cinque giorni dell’infezione. Nel caso del farmaco Pfizer si sale all’89%. Sebbene non sia stata ancora concessa l’autorizzazione, speriamo che questi antiretrovirali siano presto disponibili”.