“Alcuni pazienti guariti da Covid-19, con tanto di tampone molecolare negativo, a distanza variabile di tempo possono risultare nuovamente positivi al tampone pur in assenza di qualunque sintomo suggestivo di reinfezione”.
E’ quanto pubblicato stamane dalla rivista scientifica come ‘research letter’, che riporta i sorprendenti esiti di uno studio, condotto da un team di ricercatori della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs e dell’Università Cattolica, campus di Roma, finito anche su ‘Jama Internal Medicine’.
Un’osservazione, frutto della collaborazione tra medici, ricercatori e docenti della Fondazione Policlinico e della Cattolica, Maurizio Sanguinetti e Paola Cattani (Dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche), Brunella Posteraro (Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche) e Francesco Landi (Dipartimento di Scienze dell’invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo).
Dunque, accade che su 5 guariti al Covid-19, dopo poche settimane, un paziente può tornare positivo a Sars-CoV-2. E’ bene però spiegare subito che il rischio di incappare in una re-infezione, è meno dell’1%.
Il ricercatore: “Ancora non sappiamo se i pazienti che tornano positivi sono contagiosi”
Tuttavia, l’ordinario di Microbiologia alla Cattolica e direttore del Dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche del Gemelli, Sanguinetti, spiega che ”Al momento non è dato sapere se questi pazienti che tornano positivi al nuovo coronavirus siano contagiosi e vadano dunque di nuovo quarantenati, perché il test molecolare non è l’equivalente di una coltura virale, e dunque non consente di appurare se nel campione prelevato dal naso-faringe dei pazienti sia presente virus vitale e di conseguenza trasmissibile”. Motivo questo per la quale, il tracciamento dell’Rna replicativo virale, al momento è considerato dai ricercatori come “un indicatore della presenza di virus vitale e potenzialmente trasmissibile”. Ma, come si spiegava, “saranno necessari ulteriori studi, per stabilire se tali pazienti possano effettivamente trasmettere il virus”.
Il ricercatore: “Un follow-up esteso a 176 pazienti guariti, 59 giorni dopo la prima diagnosi”
Nello specifico, lo studio ha coinvolto 176 pazienti guariti dal Covid-19 e, dallo scorso aprile fino a giungo, attentamente monitorate dal Day hospital post-Covid della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs, coordinato da Francesco Landi.
La guarigione dei pazienti, spiegano, si avvaleva sulla presenza di specifici criteri, come l’assenza di febbre per 3 giorni consecutivi, il miglioramento degli altri sintomi quindi, l’esecuzione di due tamponi molecolari per Sars-CoV-2 Rna negativi a distanza di 24 ore uno dall’altro.
Quindi, a 50 giorni di distanza dalla prima diagnosi di Covid-19, nell’ambito dello specifico follow-up, sono stati analizzati i campioni naso-faringei di questi pazienti, cercando l’eventuale presenza sia dell’Rna virale totale (genomico) sia dell’Rna virale replicativo (subgenomico). Infatti, come spiega ancora Sanguinetti, ”La presenza di Rna replicativo nei campioni è stata utilizzata come indicatore di replicazione virale in atto. Nei pazienti risultati positivi per Rna totale sono stati di nuovo analizzati i campioni ottenuti al tempo della diagnosi di Covid-19 (che erano stati conservati a -112 F°), andando a ricercare la presenza di Rna replicativo. Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti a test sierologico per le IgG/IgA specifiche del virus. Tra i 176 pazienti guariti, 32 (quasi uno su 5) sono risultati positivi per l’Rna totale di Sars-CoV-2, seppure a livello variabile. Solo uno di questi, tuttavia, è risultato positivo anche per l’Rna replicativo di Sars-CoV-2“. Ma non solo, spiega ancora il ricercatore, “sono stati ri-analizzati i campioni ottenuti dai pazienti al momento della malattia e, come previsto, sono risultati tutti positivi per l’Rna replicativo di Sars-CoV-2”.
Il ricercatore: “L’unico paziente nuovamente positivo con una sintomatologia, un anziano con altre patologie”
Quindi, la totalità dei pazienti è nuovamente risultata positiva, eccetto che per uno, e tutti gli altri pazienti negativi al tampone di controllo, come spiega una nota sullo studio, “presentavano un test sierologico positivo al follow-up. L’unico paziente risultato positivo sia per Rna totale che replicativo è diventato positivo a distanza di 16 giorni dalla guarigione e dopo 39 giorni dalla diagnosi iniziale di Covid-19: si tratta di un anziano con ipertensione, diabete e malattia cardiovascolare, che presentava al follow-up una sintomatologia compatibile con Covid-19”.
Come aggiunge l’esperto ricercatore, “Tutti questi dati fanno sospettare che si tratti per questo paziente di una reinfezione o recidiva di infezione mentre, per i restanti 31 pazienti, tutti asintomatici, risultati positivi solo per Rna totale, è più probabile che si tratti di una eliminazione di frammenti di Rna virale a seguito di risoluzione dell’infezione”.
Il ricercatore: “Uno studio per testare la reale infettività dei pazienti guariti e poi tornati positivi”
Perché questo studio? ”Questo studio – chiarisce Sanguinetti – conferma l’utilità di eseguire un accurato follow-up dei pazienti guariti da Covid-19 e rafforza il concetto che le reinfezioni nei pazienti guariti da Covid-19 sono rare, sebbene in presenza di positività al test molecolare ‘convenzionale’ che rileva l’Rna totale di Sars-CoV-2. Pertanto, la ricerca dell’Rna replicativo di Sars-CoV-2 potrebbe aiutare a risolvere il dilemma circa la reale infettività dei pazienti guariti da Covid-19 che ritornano a essere positivi per l’Rna di Sars-CoV-2”.
Max