No vabbè: partito in punta di piedi o scorso anno dalla Cina, il coronavirus ha via via investito il pianeta, andando poi a ‘modificarsi’ attraverso differenti mutazioni legate alla territorialità, come dimostrano le recenti varianti inglese o africana.
Ma oggi da Brescia giunge l’ennesima novità: “In Italia dai primi di agosto circola una variante di coronavirus Sars-CoV-2, molto simile alla famigerata variante inglese“.
Ad annunciarlo è stata la Società italiana di virologia (Siv-Isv), il cui direttore, Arnaldo Caruso (presidente della, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università degli Studi di Brescia, direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili), ha affermato che si tratterebbe di una “variante italiana, che precede la variante emersa solo a fine settembre nel Regno Unito per poi diffondersi in Europa, Italia inclusa, e potrebbe anche esserne un precursore“.
Variante italiana: “Rispetto a quella inglese, la nostra mostra una seconda mutazione”
Nello specifico, ha spiegato l’esperto, “La variante individuata ha diversi punti di mutazione nella proteina Spike, ‘l’uncino’ che il virus usa per attaccare il recettore presente sulle cellule bersaglio nel nostro organismo. Come quella inglese, anche la variante italiana ha una mutazione in un punto nevralgico dell’interazione Spike/recettore cellulare, più precisamente in posizione 501“.
Tuttavia, ha aggiunto ancora Caruso, “a differenza del mutante inglese, la variante italiana ha anche una seconda mutazione in posizione 493, che rende la sua proteina Spike leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo“.
Variante italiana: “Tutto è nato da un paziente guarito che risultava comunque positivo”
Rispetto a come si sia arrivati a questa inedita scoperta, il medico replica: “Casualmente. Osservando una persistenza virale anomala in un paziente che aveva sofferto di Covid-19 in aprile. Anche dopo la guarigione, i tamponi effettuati da agosto in poi avevano sempre dato esito positivo con virus ad alta carica. A novembre ci siamo decisi a sequenziare il virus per capire il perché di questa persistenza, e con nostra sorpresa ci siamo resi conto di avere identificato una nuova variante, simile ma non identica alla variante inglese che iniziava a circolare anche in Italia. A questo punto abbiamo sequenziato anche un campione dello stesso paziente ottenuto ad agosto, scoprendo che la Spike variata era già presente allora, con tutte le sue mutazioni”.
Variante italiana: “La prima mutazione subita dal virus in Europa potrebbe essere questa”
Dunque, ragiona il virologo, ”Non sappiamo se la variante inglese è emersa esattamente a fine settembre, così come la nostra ai primi di agosto. Un’analisi temporale delle sequenze di Sars-CoV-2, effettuata dal gruppo di Massimo Ciccozzi, l’epidemiologo dell’università Campus BioMedico di Roma, ci dice che questa nuova variante italiana potrebbe essersi generata intorno ai primi di luglio. Quel che possiamo affermare dagli studi del collega Ciccozzi è che la nostra è di certo la prima evidenza di mutazioni nella proteina Spike a livello della posizione 501 in Italia e forse, almeno ad oggi, in Europa. L’omologia di sequenza tra la variante da noi identificata e quella inglese porta a pensare che la prima possa avere di fatto generato le altre che oggi stanno emergendo nel nostro continente. Ma per affermare questo è necessario ricostruirne i passaggi, e servono tante analisi del genoma virale ancora non disponibili”.
Variante italiana: “Il vaccino non dovrebbe avere problemi a neutralizzarla”
Se, così come si era sospettato in un primo momento, potrebbe esserci il rischio che i vaccini in arrivo, non abbiano effetto su questa nuova variante italiana, il Prof Caruso tiene a tranquillizzare: “Teoricamente no. Il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike, per cui, anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina. Il loro legame sarebbe sufficiente a impedire l’interazione tra Spike e recettore cellulare, anche solo per una sorta di ‘ingombro sterico’ che gli anticorpi creerebbero sulla superficie del virus. In poco tempo avremo comunque una risposta certa a questa domanda“.
Variante italiana, il virologo rassicura: “Io sono al momento ottimista”
Ma in questo senso, spiega ancora Caruso, molto ha aiutato “L’alta carica virale presente nei tamponi di agosto e novembre eseguiti sul paziente che non si negativizzava” che, rimarca, “ci ha permesso di isolare a Brescia i mutanti virali. Questo ci permetterà di cimentare questi virus con i sieri di pazienti Covid-19 ottenuti durante la prima ondata pandemica, e di valutare la capacità degli anticorpi di neutralizzare questa variante rispetto ai ceppi virali circolanti in precedenza. Appena disponibili, verranno valutati in modo analogo anche sieri di pazienti vaccinati”. Insomma, una notizia che in un modo o nell’altro un po’ ci inquieta. Tuttavia il virologo tende invece a rassicurare ancora: “Io resto al momento ottimista”.
Max