(Adnkronos) – “La capacità degli antinfiammatori di fermare la malattia Covid ai primi sintomi è ormai documentata in modo convincente nella letteratura. Noi abbiamo prodotto due studi al riguardo. E anche altri lavori condotti altrove nel mondo confermano i nostri risultati: indicano cioè che si può ottenere una riduzione molto importante della severità della malattia e dell’ospedalizzazione. Il problema è che non c’è uno studio definitivo come quelli fatti dall’industria, che hanno tutte le caratteristiche degli studi controllati. E allora non si può pretendere che qualcosa di non definitivo venga suggerito dalle autorità regolatorie. Proprio per questo adesso siamo in contatto con l’agenzia italiana del farmaco Aifa per fare uno studio molto grande, che abbia tutte le caratteristiche necessarie per non avere poi obiezioni e per essere considerato come base per raccomandazioni future”. E’ quanto spiega all’Adnkronos Salute Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, pioniere in questo filone di studi.
“Non tutte quelle che vengono definite cure domiciliari sono uguali – sottolinea l’esperto – E parlare di cure a casa come se fosse una novità è come minimo un po’ ingenuo. Ogni malattia, infatti, viene curata a domicilio prima di arrivare in ospedale. Bisogna distinguere quello che alcuni medici danno, dicendo che funziona solo perché loro lo credono, e i trattamenti che invece emergono come validi dalla ricerca scientifica”.
Per quanto riguarda gli antinfiammatori, “noi abbiamo pubblicato due studi (uno in fase di revisione paritaria ma già disponibile in versione preprint sulla piattaforma Medrxiv). Non sono perfetti, perché sono studi prospettici per quanto riguarda la parte del trattamento attivo, ma la parte del gruppo di controllo è rappresentata da un gruppo storico, per il quale i medici a inizio pandemia seguivano altre indicazioni. In altre parole i due gruppi di pazienti non sono stati studiati contemporaneamente. Entrambi i lavori hanno lo stesso problema di avere i controlli retrospettivi. Il primo ha valutato due gruppi rispettivamente di 90 pazienti, il secondo 2 gruppi di 108. Entrambi hanno comunque dimostrato la stessa cosa: una riduzione del 90% della necessità di ospedalizzazione”.
“Noi utilizziamo nimesulide e ibuprofene, e aspirina per chi è intollerante ai primi due – spiega Remuzzi – Poi c’è un altro studio pubblicato su ‘The Lancet’ su uno spray nasale, o un preparato anti-asma, che ottiene gli stessi risultati dei nostri lavori: una riduzione molto importante della severità della malattia e dell’ospedalizzazione. E, ancora, abbiamo studi indiani confermati anche da ricerche fatte in Italia, sull’indometacina, che è un altro antinfiammatorio”.
Oggi le raccomandazioni Aifa, evidenzia l’esperto, “già contemplano l’uso di antinfiammatori ma solo per chi ha dolori muscolari, che in definitiva sono un problema che accomuna un po’ tutti coloro che hanno Covid. Se i dati definitivi confermeranno quello che è già documentato in letteratura sulla loro validità” come arma precoce, “allora potrebbero essere la base per raccomandazioni future”.
Noi – puntualizza il direttore del Mario Negri – comunque pensiamo che anche gli antinfiammatori vadano presi sotto controllo medico, e riteniamo fondamentale che il medico vada a casa, visiti il paziente e poi lo tenga monitorato anche per telefono”.