“Viaggiate ma viaggiate in Italia, perché c’è un’organizzazione e una buona contezza di protocolli che vengono utilizzati e in più si dà una mano ai nostri lavoratori del settore che hanno sofferto e si sono sacrificati per un interesse di sanità pubblica”. Così all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano dopo l’appello dell’Oms Europa a valutare attentamente la necessità di viaggiare quest’estate.
“Oltretutto – aggiunge – io dico che in Italia la garanzia dell’assistenza e la scelta terapeutica è esemplare e difficilmente trovabile nel resto del mondo. Quindi ben venga una ragionevolezza nei viaggi e preferire mete italiane”.
“Ben venga la pianificazione di una terza dose” di vaccino anti-Covid “perché secondo me sarà necessaria, ma in questa fase” le autorità sanitarie “hanno ragione a dire ‘vacciniamo gli altri’. La copertura ad ampio raggio è l’lemento fondamentale, poi si penserà ai richiami” dice Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano, dopo l’annuncio di Pfizer/BioNTech di voler chiedere alle agenzie regolatorie del farmaco il via libera per la terza dose del suo vaccino.
“La variante Delta e altre varianti ci dimostrano che il virus ha ancora tanto da dare – rileva Pregliasco – Ma non abbiamo ancora una contezza della durata della protezione dal vaccino, che si sta piano piano capendo, ma a mio avviso sarà probabilmente necessaria a un anno di distanza. C’è chi si agita, anche dei colleghi, perché vedono crollare il quantitativo di anticorpi. Ma il dato quantitativo non è l’unico che dimostri la risposta, c’è anche la risposta cellulo-mediata”. “Insomma – ribadisce il virologo – non abbiamo questa contezza. E abbiamo esperienze su altri vaccini come l’epatite B, dove anche a distanza di anni un’infezione crea un booster immediato perché c’è un ricordo anamnestico notevole, tanto che l’epatite B la si fa da neonati e non si prevedono richiami. Abbiamo fatto studi a cui ho partecipato anch’io – sottolinea l’esperto – che dimostrano che anche l’azzeramento del titolo anticorpale non è elemento che determina per certo la mancanza di protezione. E’ chiaro che, per esempio, gli operatori sanitari si misurano gli anticorpi e quando scendono sotto le 10 unità si dà una dose di richiamo, ma più in un’ottica di sicurezza del lavoro”.